Di fronte a Dio, la scelta di viaggiare insieme
Il diario di Emma Rochat e le lettere del marito pastore Carlo Gay, a cavallo dell’ultimo conflitto mondiale
Sono stata molto legata alla famiglia del pastore Carlo Gay e di Emmina, tornati negli ultimi anni a Torino, una scelta fortemente voluta da lei per avvicinarsi alle “due gemelle” Livia e Erica e ai nipotini. Molte cose della sua vita me le raccontò nell’intervista in Voci di donne (Claudiana), e mi aveva colpita la sua autonomia: «Ero ben decisa – dice della sua formazione – a non accettare nessuna unione che non fosse anche intellettuale, di fede». Lo rileva anche Daniele Bouchard nella Prefazione a questo libro* («Come donna affacciatasi alla vita negli anni ‘30, Emma è particolarmente emancipata») e la mia impressione si è ancor più radicata leggendo queste sue “Memorie” – anzi, rileggendole, perché le diede dattiloscritte a me e a Giorgio Bouchard, così come a lui fece leggere i sermoni di Carlo dal bellissimo titolo Il canto della fede (Claudiana, 1997), e lui ne patrocinò la pubblicazione, indicando anche in Luciano Deodato l’ideale prefatore.
In queste lettere di Carlo assistiamo – negli anni 1936/1938 – al suo percorso di studi e di maturazione della vocazione pastorale, negli anni del loro fidanzamento: ci sono i primi incarichi in varie comunità, e risaltano soprattutto i suoi studi teologici a Basilea, l’insegnamento di Barth e la conoscenza della drammatica situazione della Chiesa Confessante nella Germania nazista: «Niemöller e altri sono in carcere e pare saranno portati davanti ai tribunali supremi (…). La scuola di pastori che avevano preparata è stata sciolta». E anche – come nota Davide Rosso nell’Introduzione – di fronte allo studio degli articoli del Sinodo di Barmen proposto da Barth ai suoi studenti, Carlo si confronta con le mediazioni della dirigenza valdese di fronte alla dittatura fascista: «Non ho alzato la mano perché se no avrei dovuto parlare troppo dolorosamente dei nostri trucchi. (…) Non si può più evitare le posizioni chiare sotto tema del loro rischio». Carlo si esprime spesso con acume e libertà critica sulla chiesa, sulle comunità che pure ama, sugli altri pastori delle diverse generazioni.
Nelle “Memorie” di Emmina si snoda la storia della sua vita, e troviamo un’infinità di personaggi sia della sua famiglia d’origine (valga per tutti Willy Jervis, marito della sua sorella Lucilla, con la sua tragica fine) sia di quella del marito, o conosciuti condividendo il lavoro pastorale. Scrive lui nelle sue “Lettere”: «Hai ragione a sentirti sicura della nostra unione; io ti prometto fedeltà dinanzi a Dio e davanti a Lui ti scelgo come compagna di viaggio su questa terra, e con Dio non si scherza. (…) Spero che la nostra unione non abbia effetti deleteri sul nostro lavoro, ma sia invece una forte ragione per intensificarlo. La nostra unione deve essere una molla, non un cuscino». E a sua volta Emmina: «Lotta, lotta pure con tutto che sarò sempre con te. È un fatto che c’è una cosa che mi pesa enormemente ed è il sentir criticare le cose attuali e lo stare poi con le mani in mano; il fatto solo di vivere in mezzo agli altri stando in silenzio, è una vigliaccheria e una menzogna». E lei non mancava certo di coraggio e determinazione.
I due giovani sposi (lei 23, lui 25 anni) vengono mandati in Sicilia, a Riesi: una realtà difficile e una cultura diversa, dove però sono accolti con affetto dalla comunità, e lei è incinta del primo figlio (saranno sei: Antonio, Paolo, Marco, Giovanna e le due gemelle più piccole ): «L’idea della maternità era considerata come conseguenza naturale del matrimonio – commenta – (…): ero contenta, ma decisa a non farmi annullare nel ruolo materno».
Poi ci saranno le sedi di Fiume e Abbazia (1940-47), con la guerra, altri due bambini, la fame, ma anche i primi impegni nell’insegnamento, che sarà la sua passione per tutta la vita, le peripezie nell’occupazione tedesca, le difficoltà di spostamento; poi il dopoguerra a Torino, in una città distrutta, dove nasce Giovanna, la quarta bambina. Carlo viene quindi eletto nella chiesa valdese di via Manzoni, a Firenze (1947-1961), dove il nonno di lei, Giovanni Rochat, era stato a sua volta pastore. E sempre Emmina continua a insegnare: «Forse la vocazione di “moglie di pastore” era più teorica che reale in me – aveva considerato nell’intervista – e scrive: «Non avevo tempo di dedicarmi a studi intellettuali; ma la mia vita era intensa: la casa sempre piena di gente da aiutare, ospiti di passaggio; lo studio del pastore era in casa e anche il telefono, per cui tutto era sotto il mio controllo ed eventuale collaborazione…». E infine arrivano le due gemelle… Successivamente ci sono gli anni di Roma, difficili per lei affaticata da tanti impegni.
Emma, dopo la vedovanza, raccolse le lettere di Carlo, togliendo le proprie, ed eliminando tutte le parti più intime del loro amore: un vero peccato, ma la formazione di quella generazione era tale: tutta la loro esistenza, però, si rivela come esempio concreto di un grande amore vissuto.
* E. Rochat – C. Gay, Memorie e Lettere, Lar Editore, 2023, pp. 154, euro 15,00.