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Il gran mandato

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Ascolta “Un giorno una parola – 27 giugno” su Spreaker.


Ogni carne riconoscerà che io, il Signore, sono il tuo Salvatore, il tuo Redentore
Isaia 49, 26

Gesù dice: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate»
Matteo 28, 18-20


Nel lasciare il mondo, Gesù ribadì quanto aveva più volte detto durante il suo ministero: che la sua autorità proveniva da Dio Padre, che avrebbe volontariamente dato la vita per l’umanità, che il suo messaggio aveva valore eterno. Su queste premesse si radica il senso di quelle ultime parole lette nel capitolo 28 di Matteo, definite come “il grande mandato”.
Secondo alcuni noti passi dei Vangeli, durante il ministero terreno, Gesù dichiarava d’intendere il suo mandato salvifico rivolto esclusivamente “alle pecore perdute della casa d’Israele”. Diversi episodi nei Vangeli puntano a un cambio di marcia secondo un criterio universalistico, in armonia con la visione della profezia ebraica, che vedeva il confluire dei popoli verso il culto del Dio d’Israele.
Nelle sue ultime parole da Risorto, Gesù estende l’annuncio della salvezza a tutte le genti e ne fa un mandato fondamentale per la chiesa nascente. In quest’apertura universalistica vediamo la grandezza del messaggio della salvezza che ha portato nel mondo e che la chiesa deve diffondere. Quando i discepoli si prodigavano nell’eseguire il mandato di battezzare i cittadini d’ogni nazione non facevano un rito che per un potere magico desse luce e salvezza (quest’idea faceva parte della cultura pagana, dove erano fiorenti i culti misterici).
Con quel rito trasmettevano il pensiero di Gesù, e quel pensiero dava loro una nuova coscienza di se stessi e del divino. Quel rito doveva essere accompagnato dalla comunicazione degli insegnamenti di Gesù, ossia il messaggio dell’evangelo.
Dove si trasmettono le sue parole di Gesù, lì rivive il suo ricordo, e lì è egli stesso presente in Spirito, in mezzo ai suoi fedeli. La presenza di Cristo si configura come attesa del compimento del tempo di questo mondo. Nel tempo dell’attesa – nonostante la difficoltà del compito – la cristianità è chiamata a diffondere l’evangelo e a incarnare i valori per i quali Cristo è vissuto ed è morto. Amen.