covid19-alsace-ruth-1

Riscoprire il canto degli uccelli e il vociare dei bambini

«L’esperienza della malattia causata dal Coronavirus ha lasciato in me un profondo senso di umiltà e la comprensione più profonda di come viviamo per sola grazia. Il mio compito ora è quello di sostenere con maggior forza altri pastori impegnati ad accompagnare famiglie, malati e persone in lutto», scrive la pastora Ruth Wolff-Bonsirven – titolare della chiesa luterana in Alsazia-Lorena, Francia orientale – sul sito della Federazione luterana mondiale (Flm). 

La pastora luterana ha contratto il virus Covid-19 lo scorso marzo, proprio nelle settimane di fase acuta del contagio e mentre il bilancio delle vittime e delle infezioni aumentava in modo rapido in tutti i paesi del mondo. 

Con i sintomi in peggioramento ha trascorso due giorni in ospedale per curare i dolori intensi alla schiena, allo stomaco e al torace. 

Tornata a casa dopo la fase acuta della malattia, fortunatamente non grave come per altri degenti, ha dovuto però affrontare il difficile decorso che l’ha lasciata esausta e incapace di svolgere qualsiasi lavoro per diverse settimane. «Sono titolare della chiesa, dunque sono una persona chiamata a prendere delle decisioni ad evere delle responsabilità rispetto ad altre persone, ma in quei giorni ero davvero incapace di poter fare qualsiasi cosa, avevo bisogno dell’aiuto di amici e familiari per poter fare anche le cose più banali», ricorda la pastora.

La regione francese del Grand Est, dove la pastora vive e opera, è stata l’epicentro francese della malattia per molte settimane per via del contagio diffusosi dopo un incontro di preghiera tenutosi nella chiesa evangelica di Mulhouse a fine febbraio, dove centinaia di persone erano riunite.

«È stata una scoperta traumatica. La nostra Regione è stata una delle più colpite. I decessi sono stati molti, soprattutto nelle case per anziani dove il virus non è stato diagnosticato sin all’inizio del contagio. Il personale, che non aveva accesso ai test e agli indumenti protettivi, ha inevitabilmente e inconsapevolmente diffuso l’infezione, molti residenti sono morti. Persone anziane e già vulnerabili che non hanno potuto avere vicino le proprie famiglie nel momento della loro morte e della sofferenza. Una vera tragedia».

Mentre riacquistava le forze, molto lentamente, la pastora Wolff-Bonsirven si è resa conto dell’urgenza di sostenere i pastori e i cappellani ospedalieri che operano in prima linea per confortare il dolore di tante famiglie in lutto. «Ascoltare è importante – afferma la pastora –, spesso le parole però non bastano, hanno bisogno di alcuni gesti simbolici per dare un senso».

Come le parole e i gesti che i pastori possono comunicare se riuniti in piccoli gruppi familiari nei cimiteri «di vitale importanza in questo momento di intenso trauma per individui e comunità». 

«Molti colleghi pastori – prosegue – dicono di non sentirsi adeguati. La formazione teologica non prepara a questo tipo di tragedie; molti di loro hanno paura di non riuscire a trovare le parole giuste, altri invece avvertono un senso di colpa per non essere andati al lavoro o per non essere riusciti sostenere le loro comunità e le loro chiese come facevano prima della pandemia». 

Ruth oggi, riconquistata la salute, lavora molto per incoraggiare i colleghi: «Questo è un momento molto produttivo, in cui possiamo sviluppare una nuova spiritualità. Uniamoci nella preghiera per i pastori che sono tutt’ora sotto pressione. Incoraggiamoli ad ascoltare Dio e a fidarsi incondizionatamente di lui per chiudiamo a lui di trovare le parole giuste per confortare le famiglie e le persone che hanno bisogno».

Dall’inizio del lockdown la pastora ha scritto e condiviso una riflessione quotidiana intitolata un «fiore del giorno»; una rubrica illustrata da un collega-fotografa nata per documentare il passaggio dall’inverno alla primavera.

Le brevi riflessioni contengono preghiere, citazioni, versi della Bibbia e collegamenti a culti e a musiche online e notizie sulla comunità.

«Contrarre la malattia è stata un’esperienza di vulnerabilità totale che mi ha fatto capire davvero il significato del vivere “per sola grazia”. Facendo emergere quel senso di umiltà che oggi dovremmo tutti riscoprire e quel senso di profonda gratitudine per ogni fiore, per ogni canto d’uccello, suono della vita udibile, come il vociare di bambini che giocano nella mia strada», ha concluso la pastora Ruth Wolff-Bonsirven.