Quando il dolore è troppo assurdo per essere vero!
«Natale è il ricordo travolgente di Dio che si è fatto uomo»
Non so se anche a voi è mai successo di ascoltare il racconto di una storia realmente vissuta da qualcuno, qualcosa di difficile e doloroso a tal punto che, nell’ascoltarla, non riuscite a pensare che possa essere realmente accaduta, un po’ come se fosse in realtà la trama di un film e non l’esperienza di una persona in carne e ossa. Per anni in realtà questo mi accadeva spesso. Mi venivano raccontate storie di vittime di violenza, storie di gravi disagi giovanili, storie di enormi difficoltà economiche, di famiglie spezzate, di solitudini profonde. E nella mia mente scattava qualcosa che mi portava a immaginare questi scenari terribili come se fossero, in fondo, impossibili da essere veri. Troppo crudeli. Troppo estremi.
Avendo una fervida immaginazione e una grande passione per il cinema, ogni racconto prendeva forma nella mia mente: volti, luoghi, sensazioni. Ma poi arrivava quel pensiero quasi liberatorio: “Non è possibile!”. Come può essere vera tanta cattiveria? Come possono degli esseri umani trattare qualcun altro in questo modo?
Col tempo ho compreso che forse quello era un meccanismo di difesa. Un modo inconscio per non soffrire troppo, per non lasciarmi coinvolgere fino in fondo dal dolore degli altri. Rendere irreale la sofferenza significava, in qualche modo, tenerla a distanza.
Negli ultimi anni, però, questa percezione si è profondamente trasformata. Viviamo in un’epoca in cui, attraverso i nostri cellulari, siamo costantemente esposti a immagini e video di violenza, guerra e crudeltà. I social ci mettono davanti agli occhi scene che un tempo avremmo visto solo nei notiziari o nei libri di storia. Questa facilità di accesso, paradossalmente, non ci rende più sensibili, ma spesso più assuefatti. Il dolore reale rischia di diventare “normale”, scorrevole come un video qualsiasi, qualcosa che guardiamo e poi superiamo con un semplice gesto del dito.
Eppure, il Signore mi sta insegnando che se non riesco a riconoscere come reali le esperienze di sofferenza che tante persone vivono, allora non potrò mai fare davvero qualcosa per loro. Non potrò pregare con verità, agire con compassione, scegliere con responsabilità.
C’è un passo biblico che mi colpisce sempre profondamente e che mi richiama con forza a questa responsabilità: «Il SIGNORE disse a Caino: “Dov’è Abele, tuo fratello?” Egli rispose: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?” Il SIGNORE disse: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra”». (Genesi 4, 9-10 – Nuova Riveduta).
Dio non accetta l’indifferenza. Non accetta la distanza emotiva come giustificazione. Al contrario, ci rivela che siamo chiamati a essere guardiani dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Il sangue degli innocenti, la sofferenza dei dimenticati, grida ancora oggi a Dio. E Dio ascolta.
Ecco perché il Natale non può ridursi a una festa scintillante, una parentesi di auguri generici e luci abbaglianti. Natale è il ricordo travolgente di Dio che si è fatto uomo, che ha scelto di entrare nella fragilità, nella povertà, nel dolore umano per la salvezza di molti. È il richiamo potente all’umanità a riconoscersi famiglia, a smettere di voltarsi dall’altra parte, ad agire concretamente per il bene di chi soffre.
Che questo Natale ci restituisca occhi capaci di vedere, cuori capaci di sentire e mani disposte ad agire. La nascita di Gesù non è un semplice evento simbolico, ma l’intervento concreto di Dio nella storia dell’umanità: «E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità» (Giovanni 1, 14). In Cristo, Dio entra nel dolore del mondo per redimerlo. Gli insegnamenti di Gesù – dall’amore per il prossimo al prendersi cura degli ultimi, dal denunciare l’ipocrisia al farsi carico degli oppressi – restano un esempio potente a cui aspirare. «In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, lo avete fatto a me» (Matteo 25, 40). Il sangue versato e la sofferenza che ci circonda non sono una fatalità distante: ci riguardano. Scegliamo, in occasione di questo Natale e nel tempo a venire, di essere davvero i guardiani dei nostri fratelli.
Valentina Castaldo – Esercito della Salvezza in Italia – segretaria del Servizio Istruzione educazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia