La speranza per una vita senza più frontiere
Il racconto di Lucia Bucchieri dalla Sicilia all’impegno per gli italiani e le italiane in Germania
A metà del novembre scorso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato a Berlino per ricordare la cooperazione comunale tra Italia e Germania. Insieme al presidente tedesco Steinmeier, ha premiato i vincitori del premio, giunto alla terza edizione, che va ai gemellaggi e progetti tra Comuni dei due Stati, con particolare riferimento alla Cultura, ai Giovani e Impegno civico, all’Innovazione e Coesione sociale. In seguito il presidente Mattarella ha preso parte a un evento dedicato ai “70 anni di presenza italiana in Germania”, in cui è stato ricordato il 70° anniversario dell’accordo sul collocamento dei lavoratori italiani nella Repubblica Federale tedesca.
Il 16 novembre, inoltre, i due presidenti hanno partecipato, al Palazzo del Reichstag, sede del Parlamento, alla cerimonia per la “Giornata del lutto nazionale”, a 80 anni dalla fine della Seconda Guerra mondiale. A seguito di tale occasione, abbiamo rivolto alcune domande a Lucia Bucchieri Liebscher, che per anni ha lavorato proprio nella cooperazione italo-tedesca: un dialogo che ci è stato suggerito dalla figlia Daniela Liebscher, a Torre Pellice a fine ottobre per svolgere alcune ricerche nell’Archivio della Tavola valdese.
«Io provengo dalla chiesa valdese di Vittoria – racconta la signora Lucia –. Nel 1961 sono stata ad Agape dietro invito del direttore, che all’epoca era il pastore Giorgio Girardet. Ho trascorso al Centro ecumenico i tre mesi estivi, passando dal servizio in cucina al “Servizio visitatori”, dando una mano nelle pulizie dei locali e occupandomi del Campo lavoro. Ho collaborato anche a un’inchiesta promossa da Agape e dedicata allo spopolamento delle valli valdesi a causa dell’emigrazione dei giovani. Avevo preso parte anche a campi di studio, come il Corso laici».
– Quali sono i ricordi principali di quegli anni?
«In quel periodo era in piena espansione l’emigrazione interna all’Italia, dal Sud al Nord: italiani del Mezzogiorno che cercavano lavoro nel “triangolo industriale” Genova-Torino-Milano. Così ho potuto ascoltare una relazione del critico e saggista Goffredo Fofi, dedicata proprio all’emigrazione a Torino, cioè alla Fiat [G. Fofi, L’immigrazione meridionale a Torino, Feltrinelli, 1964, ndr] e all’accoglienza che veniva riservata agli emigrati che arrivano dal Sud e avevano problemi di alloggio. Comparivano allora i cartelli “Non si affitta a meridionali”. Intanto nella Chiesa valdese l’ideatore di Agape, pastore Tullio Vinay, “scendeva” a Riesi per fondarvi il Servizio cristiano; a Palermo il pastore Pietro Valdo Panascia svolgeva lavoro sociale a Cortile Cascino; intanto, ancora, Danilo Dolci conduceva le sue inchieste e i suoi famosi “scioperi a rovescio”, con i disoccupati che svolgevano lavori di pubblica utilità. Ad Agape si parlava dei preti operai e si rifletteva sulla vocazione del credente: da lì nasce l’idea dei Gruppi di servizio. A quel periodo risale anche la mia amicizia con Sergio Rostagno e Erica Gay. Dopo essermi diplomata a Napoli, dal 1962 al 1965 ho diretto l’Asilo infantile della chiesa di Pachino e il Gruppo di Servizio. Intanto mi ero sposata nel 1964 ad Agape, per poi trasferirmi nel 1965 in Germania: e proprio il matrimonio “binazionale” è stato il motivo del mio trasferimento in Germania».
– Da allora comincia l’interessamento alla vita e ai problemi degli italiani e italiane in Germania…
«Dopo un soggiorno di 5 anni in Egitto, per motivi familiari mi sono trasferita a Osnabrück, dove le mie figlie hanno conseguito la maturità – io intanto ero rimasta vedova nel 1977. Ho frequentato l’Università ma ho anche trovato lavoro presso il Comune come assistente sociale per gli italiani e gli spagnoli. Mi stava molto a cuore l’integrazione degli italiani, l’inserimento scolastico dei loro bambini nelle scuole tedesche, oltre ai problemi sociali e lavorativi dei miei assistiti. Sono stata eletta dagli italiani nel Comitato Italiani all’Estero di Hannover, dove ho ricoperto la carica di vicepresidente. L’intento era ed è la tutela dei diritti degli italiani all’estero, ma consiste anche nel rappresentare le loro necessità presso le autorità italiane. Ministero dell’Interno e ministero degli Esteri sono i nostri interlocutori».
– E adesso, in Germania?
«Come cittadina, sono membro della chiesa riformata locale. Spesso ho curato visite di gruppi tedeschi portandoli a conoscere le opere diaconali valdesi in Sicilia o alle valli valdesi. Ho ricevuto, con decreto e nomina ufficiale del Ministero degli Esteri nel 2021, l’onorificenza come “Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia” per il lavoro di aiuto portato agli immigrati italiani, essendo stata segnalata da italiani che assisto ancora oggi come “Corrispondente consolare”: dopo il mio lavoro di 17 anni come impiegata al Comune di Osnabrück, mi è stato chiesto di continuare a svolgere la mia mansione per richieste di passaporti, autentiche di firme, nascite e matrimoni etc… Gli italiani dovrebbero altrimenti recarsi ad Hannover e perdere una giornata di lavoro. Oramai ho a che fare con la seconda e la terza generazione di italiani… Poi collaboro con la Società italotedesca e do lezioni di italiano presso l’Università popolare. Il tutto avendo come riferimento il profeta Geremia (29, 7): “… cercate il bene della città (…) perché dal bene di questa dipende il vostro bene”».
– Un sogno che vorrebbe vedere realizzarsi?
«Una questione che mi sta molto a cuore è l’equiparazione dei titoli di studio, che renderebbe molto più semplice l’inserimento degli italiani in Germania. Ma vorrei dire: niente frontiere chiuse né fili spinati né conflitti bellici, ma capacità di dialogo e di ascolto».