La Bibbia e le donne. Un progetto, una scommessa
Il racconto del grande appuntamento che a Napoli ha riunito studiose e teologhe per ragionare sull’affermazione della dignità delle persone, la costruzione di una cultura della pace e la fondazione di un’etica delle relazioni umane in una società inclusiva
Nessuno avrebbe mai creduto che sarebbe arrivato a conclusione un progetto così ambizioso che prevedeva lunghi anni di studi e di incontri per approdare alla pubblicazione di 21 volumi in 4 lingue. Eppure, nel lontano 2005, quando è nata questa “folle” idea, mi sono resa conto che una scommessa culturale nel cuore della teologia europea fosse quanto mai necessaria per dare voce e volto alle tante donne che da anni erano impegnate nei vari campi degli studi teologici.
L’European Society of Women for Theological Research (ESWTR), infatti, da me fondata con altre teologhe nel 1986, era composta – quando, nel 2003, ne ho preso la presidenza – da oltre 600 iscritte che provenivano da diversi contesti accademici e religiosi. Riformate (luterane, battiste, valdesi, vetero-cattoliche), cattoliche, ortodosse ed ebree costituivano un crogiolo di fedi, esperienze e conoscenze, con una preminenza, però, di studiose dell’area centro settentrionale dell’Europa che poco conoscevano le ricerche delle colleghe del cosiddetto Sud. È stato perciò indispensabile pensare a un progetto che mettesse in luce l’impegno di tutte e facesse circolare il più possibile sapienze e saperi. Per questo, con la biblista Irmtraud Fischer, anche lei, prima di me, presidente dell’associazione europea, abbiamo cercato di costruire l’architettura editoriale di una enciclopedia articolata in molti volumi che, grazie alla chiave interpretativa data dal binomio Donne e Bibbia, attraversassero tutto l’Occidente cristiano e che fossero editi non solo in inglese, lingua predominante nei nostri settori, ma anche in italiano, tedesco e spagnolo.
L’impresa è stata di individuare e coordinare un numero elevato di studiose (ed anche qualche uomo sensibile alle tematiche di genere) per preparare lo schema dei libri; affidare la cura di ogni volume a due colleghe, possibilmente di religioni, confessioni e aree linguistiche diverse; organizzare colloqui presso una sede universitaria europea al fine di consentire il maggior scambio possibile di conoscenze; garantire il finanziamento dei congressi e, soprattutto, delle traduzioni. Circa trecento studiose sono state coinvolte in questi anni in uno sforzo ecumenico credo senza precedenti nella storia della ricerca internazionale tenendo conto che hanno collaborato anche studiose provenienti dal Sud America, dall’America del Nord, dal Medio Oriente e dall’Australia.
La novità della collana, però, non è stata solo la sua impostazione interconfessionale e interreligiosa, ma anche la messa a confronto dell’approccio storico con quello esegetico. L’opera, infatti, si è fatta carico sia di una rilettura esegetica del testo sacro ricercando le figure femminili e i contesti socio-culturali e iconografici con la messa a punto dello stato della ricerca, sia di aprire nuove strade, attraverso la conoscenza della storia dell’interpretazione e della ricezione dei testi nell’orizzonte delle epoche antiche e contemporanee. In qualche maniera, la collana inaugura la nascita dell’esegesi femminile, dell’interpretazione, cioè, che le donne nel corso della storia hanno saputo offrire del testo sacro cogliendo in esso tutti quegli elementi di liberazione che l’istituzione ecclesiastica aveva oscurato. Ecco allora l’importanza delle fonti archivistiche, letterarie, iconografiche, musicali e artistiche in senso ampio che, accanto agli scritti teologici, costituiscono l’ampio spettro della documentazione utilizzata per far emergere la comprensione della sacra Scrittura in relazione alle questioni di genere, comprese le ricadute sociali, ecclesiali e politiche ad esse collegate. Infatti, le interpretazioni basate su ricezioni androcentriche dei testi, per esempio, sono ancora utilizzate in alcune Chiese per escludere le donne dai ministeri o per dichiararne la loro inadeguatezza cultuale dimenticando la ricchezza della Tradizione costituita dall’insieme di filoni di pratiche e di pensieri estremamente diversificati.
In tempi difficili per la chiesa cattolica, dove ancora affiorano paure, resistenze, pregiudizi, risaltano le posizioni coraggiose del cardinale di Napoli, don Mimmo Battaglia, che ha voluto questo convegno ecumenico per sottolineare la necessità del lavoro interreligioso che offre una testimonianza di dialogo in tempi di contrapposizioni e conflitti. E la liturgia ecumenica a fine convegno, preparata dalla pastora Letizia Tomassone e dal vescovo Gaetano Castello, è stata una testimonianza autentica di ascolto e di rispetto emersi anche dalla meditazione della reverenda Angela Berlis della Chiesa vetero-cattolica di Utrecht.
Ma il convegno non è voluto essere solo un momento di autocelebrazione, ma soprattutto, ha cercato di aprirsi alla città con dei pomeriggi di incontro sui temi della pace e, soprattutto, della costruzione di una società inclusiva fondata su una nuova etica delle relazioni umane. Perché rimangono aperte alcune domande di fondo: La Bibbia ha ancora qualcosa da dire alle persone, alle donne, alle nuove generazioni? Può essere letta come messaggio per loro di salvezza e di liberazione? E quale ricaduta ha questa nuova consapevolezza della dignità e del pensiero delle donne nelle nostre Chiese ancora così patriarcali? Sono le domande emerse anche in questi giorni, che coraggiosamente anche il cardinale Battaglia ha posto nel momento in cui ha sottolineato come il contributo femminile all’interpretazione della Scrittura e nella storia della salvezza non debba considerarsi aggiuntivo, ma costitutivo, indispensabile per comprendere la totalità del messaggio biblico. E dunque rimane la sua domanda, che è anche la nostra: Come possiamo tradurre tutto questo nella vita delle nostre comunità? Come far sì che l’ascolto diventi prassi, che la riflessione diventi impegno, che le intuizioni emerse diventino cammino condiviso? Il nostro tempo reclama una Chiesa che non abbia paura della complessità, che non si trinceri dietro la difesa delle abitudini, ma che abbia il coraggio di accogliere la novità dello Spirito, anche quando essa scompiglia i nostri schemi». Questa è la scommessa dei prossimi anni.