
Il nostro unico vanto
Un giorno una parola – commento a Geremia 17, 14
Guariscimi, Signore, e io sarò guarito, salvami e io sarò salvato, poiché tu sei il mio vanto
Geremia 17, 14
«Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha sulla terra il potere di perdonare i peccati, io ti dico», disse all’uomo paralizzato, «àlzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua». E subito egli si alzò in loro presenza, prese il suo giaciglio e se ne andò a casa sua, glorificando Dio
Luca 5, 24-25
Ho letto Flatlandia: un romanzo dalle molte dimensioni di Edwin Abbott (oltre che scrittore, teologo), e lo consiglio vivamente. Si tratta della storia di un quadrato (sì, proprio il quadrilatero regolare delle scuole elementari) inserito nel sistema sociale e gerarchico dell’universo delle figure piane, che si trova di fronte alla scoperta di nuove dimensioni, e comprende di colpo (un po’ a proprie spese) di abitare in uno solo degli “universi” possibili.
Diventa consapevole che è proprio l’appartenenza a quel mondo a sole due dimensioni, e non a un altro, dotato di regole diverse, il principio da cui deriva in tutto non solo il suo modo di comprendere le cose, ma anche l’universo in cui vive con le consuetudini, scale di valori e gerarchie su cui si fonda la sua stessa esistenza. Scopre con sua grande sorpresa che quello che nel suo universo bidimensionale è completamente celato alla sua vista, in un ambiente tridimensionale diventa visibile a chiunque.
Le differenze che gli paiono alla base di sistemi valoriali inattaccabili, alla fine gli si mostrano come costrutti di puro pregiudizio. Apprende che ci sono dimensioni più ampie ma anche più ristrette della propria, e che le più anguste non difettano certo di autostima. E molto spesso anche quelle più vaste e articolate della sua non riescono a scollarsi di dosso i propri pregiudizi. E intuisce che bisogna tenersi pronti, lasciare la mente aperta, perché la nostra è una dimensione sempre forzatamente angusta, ed è giusto che cerchiamo in ogni modo di travalicarla. Il nostro sforzo mentale ci porta a intuire ulteriori dimensioni, sempre le penultime, mai l’ultima, a cui però aspiriamo profondamente. Il nostro unico vanto è proprio quello di non esserci fatti da noi stessi, ma di uscire dalle mani di qualcosa che ha operato oltre il tempo e lo spazio, in una dimensione inattingibile, ma con cui sentiamo un profondo legame. In fondo, la fede è anche accettazione della propria dimensione e aspirazione alle altre. Amen.