
Di segni e di visioni. Come la Croce. Mondrian, il rigore e la luce
L’appuntamento di luglio con la rubrica di Riforma fra arte e spiritualità
Ogni tanto penso, chissà come racconteranno tutto questo, i libri di storia, tra cinquanta (cento?) anni. Poi mi dico, se ci saranno, i libri di storia, tra cent’anni. E mi rispondo, se tra cent’anni ci saremo, sarà perché qualcuno avrà continuato a leggerli. Sarà perché qualcuno avrà continuato a cercare Dio, con qualsiasi nome si chiami.
E, sì: sarà perché qualcuno avrà continuato a parlare di arte, la creatura dell’umano fatta a sua immagine e somiglianza, e capace di vivere nel suo tempo, al di là del passare del tempo.
Piet Mondrian, nelle sue opere, disse di un po’ tutto questo. Non esplicitamente, ma da artista, quale era. Nato calvinista nell’Olanda del primo Novecento, rimasto tale nonostante o, meglio, all’interno della fascinazione teosofica che sempre lo accompagnò, Mondrian si confronta con lo spirito in tutto quel che dipinge. Mai spiritualista – era calvinista, l’ho già detto: lo leggi nelle sue linee pure, nella sua struttura geometrica, nel rifiuto irriducibile della decorazione – cercava la luce raggiungibile attraverso il rigore.
Ogni linea, ogni colore, risponde a un’idea, in Mondrian: che l’armonia non sia un’emozione, ma un equilibrio attentamente costruito. “Anche io trovo bello il fiore nel suo aspetto esteriore. Ma una bellezza più profonda è nascosta al suo interno”, diceva.
I suoi alberi sono proprio così. In quelle ramificazioni che si spogliano piano piano della foglia, del dettaglio, della materia, c’è tutto lo slancio verso la purezza, che qui si fa spazio per lasciare entrare il rapporto tra cielo e terra, tra spirito e materia, tra verticale e orizzontale.
Non una croce, ma “come” la Croce.
Nel bel mezzo di un mondo che esplode tra una guerra finita, le dittature, e una guerra in corso, per Mondrian la relazione tra la terra e il cielo è ancora possibile solo nell’incontro ordinato di linee verticali e orizzontali, su una tela, o dalle radici alle fronde. O da un legno piantato su una terra che non smette di morire, per permetterle di andare oltre la sua morte.