
Nell’ordinario Dio compie cose straordinarie
Un giorno una parola – commento a Genesi 18, 14
Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per il Signore?
Genesi 18, 14
Poi apparve agli undici mentre erano a tavola e li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che l’avevano visto risuscitato
Marco 16, 14
Un’affermazione come questa la potremmo incontrare in qualsiasi libro biblico. Stiamo parlando dell’onnipotenza di Dio tema trasversale delle Scritture. Nel caso specifico incontriamo questa affermazione in un preciso episodio così plasticamente descritto che potrebbe costituire la sceneggiatura di un film.
In breve: nel meriggio orientale sotto un sole infuocato Abramo si gode l’ombra delle quarce davanti alla sua tenda. E qui, non attesi, giungono tre ospiti che Abramo, con la consueta disponibilità orientale all’accoglienza, li mette subito a proprio agio. Dopo essersi rinfrescati e abbondantemente rifocillati, gli ospiti chiacchierano con Abramo. S’informano di sua moglie Sara e predicono che ella nell’anno successivo avrebbe partorito un figlio. Sara, che con Abramo aveva vissuto il dramma della sterilità al punto da voler ricorrere al contributo di una propria serva Agar per dare ad Abramo un figlio che verrà chiamato Ismaele, è confusa.
Situazione che in Sara ridesta spiacevoli ricordi. Dinamiche difficili da gestire. Su certe questioni intime della coppia, ieri come oggi, c’è poco da scherzare. Il desiderio di maternità, non solo ieri anche oggi, è vivo, prepotente e portatore di interrogativi e attese. Anziana di età, consapevole di non avere più da tempo il ciclo mestruale, Sara, che da dietro la tenda ha sentito di questa previsione di gravidanza, ride sarcastica. Non può essere vero né per lei né per suo marito ancor più anzinao di lei. Ed è qui che risuona il lapidario interrogativo: «Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per il Signore?». Ma non c’è la risposta. C’è solo l’incredulità, comprensibile, di una coppia. E dall’altra c’è la promessa di un figlio. La fede sorge dall’accettare che Dio mantiene, in ogni caso, la sua promessa.
In quel meriggio orientale Dio irrompe nella vita di una coppia. Il figlio che nascerà si chiamerà Isacco (la cui radice in ebraico Ytschaq significa appunto: egli ride). In quel riso liberatorio si chiude un tempo e se ne apre un altro. Un tempo nuovo che cambierà la prospettiva della coppia. Si poteva immaginare un ribaltamento più grande di questo? Dio opera nell’ordinario donandoci, secondo i suoi piani e promesse, una vita straordinaria.