
Il villaggio sepolto, un monito per tutti
La frana in Svizzera che ha sepolto il villaggio di Blatten fenomeno sempre più frequente
Negli scorsi giorni le immagini dello scoscendimento che ha colpito la Lötschental, sul versante nord dell’alta Valle del Rodano, nel Cantone Vallese, in Svizzera, hanno suscitato ovunque profonda impressione. Milioni di metri cubi di roccia e ghiaccio hanno quasi interamente sepolto il villaggio di Blatten, ostruendo il fondovalle e creando un lago alimentato dalle acque del fiume Lonza.
Da tempo la montagna sopra il villaggio era sorvegliata dai geologi: il versante settentrionale del Kleines Nesthorn aveva mostrato segnali di instabilità, con vari piccoli crolli che si accumulavano sulla superficie del Birch, il ghiacciaio sottostante. La situazione è precipitata a partire dallo scorso 15 maggio: una grande porzione del versante della montagna ha iniziato a muoversi rapidamente e le masse di detriti caduti sul ghiacciaio hanno provocato lo scivolamento del ghiacciaio stesso. Il crollo definitivo è avvenuto mercoledì 28 maggio, quando una colossale massa di detriti ha invaso la valle, distrutto Blatten e ostruito il fiume Lonza.
In seguito ai segnali di pericolo provenienti dalla montagna e dal ghiacciaio, che aveva cominciato a muoversi alla velocità di dieci metri al giorno, spinto anche dal peso delle frane che si erano accumulate sopra di esso, il 19 maggio le autorità avevano ordinato l’evacuazione del villaggio di Blatten e di alcuni altri piccoli insediamenti, per un totale di quasi 400 persone. Tale misura preventiva ha evitato quella che avrebbe potuto essere un’immane tragedia.
Difficile dire, in modo definitivo, in che misura quanto accaduto sia stato un evento naturale, legato a dinamiche geologiche profonde, e quanto il contesto climatico attuale abbia giocato un ruolo. Di certo anche il versante settentrionale del Kleines Nesthorn ha risentito, negli ultimi decenni, di un costante aumento delle temperature: fino a una trentina di anni fa, la parete da cui si è originato il crollo era coperta da spessi strati di ghiaccio, ora completamente ritirati.
«Sulle Alpi svizzere ci sono sempre state delle zone caratterizzate da una certa instabilità», ha spiegato al portale d’informazione Swissinfo l’esperto di pericoli naturali Federico Ferrario. «Con il cambiamento climatico, queste instabilità diventano però sempre più importanti anche ad altitudini elevate», ha aggiunto. I ghiacciai e il permafrost – il “collante” delle Alpi – si stanno sciogliendo a causa dell’incremento delle temperature, destabilizzando i pendii.
A conclusioni simili giunge anche il geologo cantonale ticinese Andrea Pedrazzini. Intervenuto ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera Italiana, ha dichiarato: «Questo evento ha avuto luogo nella zona periglaciale, quindi ancora toccata da permafrost, quindi con un suolo gelato. I cambiamenti climatici, con l’aumento della temperatura, destabilizzano questi versanti di altitudine elevata. La roccia che cade su un ghiacciaio già instabile può creare fenomeni a cascata. Il legame con i cambiamenti climatici, che non è sempre diretto nell’ambito del pericolo naturale, in questo caso sembra essere abbastanza chiaro».
Le ricerche sulla frequenza dei crolli in alta montagna mostrano un incremento di questi fenomeni. Per gli eventi che coinvolgono volumi così importanti come nel caso della frana della Lötschental, la statistica è ancora troppo limitata per rendere possibile l’identificazione di una tendenza generale. Tuttavia, in anni recenti si sono verificati altri crolli simili a quello del Kleines Nesthorn. Nel 2004, in Italia, c’è stato il crollo di Punta Thurwieser (Ortles-Cevedale); nell’agosto 2017, sopra il villaggio di Bondo, in Val Bregaglia, in Svizzera, è caduta una frana di circa tre milioni di metri cubi di roccia, staccatasi dal Pizzo Cengalo (Masino-Bregaglia); nell’aprile 2024 un’altra colossale frana ha interessato il Piz Scerscen (Bernina).
Per comprendere a fondo le cause dello scoscendimento che ha spazzato via Blatten occorreranno alcuni mesi, ovvero il tempo necessario affinché i ricercatori possano sviluppare modelli e pubblicare le proprie ricerche.
A ogni modo, la distruzione di Blatten non è solo una tragedia alpina, ma anche un monito potente. In un contesto di cambiamento climatico accelerato, le montagne diventano ambienti sempre più fragili. Monitoraggi più accurati, piani di evacuazione rapidi e una nuova consapevolezza del rischio sono strumenti indispensabili per affrontare un futuro dove eventi simili potrebbero diventare sempre più frequenti e numerosi.