Per un mondo nonviolento

L’opposizione alle armi, l’obiezione di coscienza e la fede nel libro di Aldo Ferrero

 

Nel momento in cui da oltre tre anni sentiamo il fragore delle armi e le molte parole impiegate per procurarsele, dove la guerra è diventata ormai parte dell’orizzonte ammesso e le propagande imperano, proprio in questi giorni esce il lavoro di Aldo Ferrero Per un mondo non violento. Storia di un obiettore valdese*. Quindi non solo di pace e di contrasto al riarmo si parla, ma addirittura di nonviolenza.

 

E di un libro così c’era proprio bisogno, visto che la vulgata che ci sta accompagnando da tempo pare non riuscire neppure più a capire le ragioni di coloro che si oppongono al ricorso alle armi, tacitati o chiamati “pacifinti”, irrisi e sviliti. Come se nel nostro Paese, oltre che in Europa, non ci sia stato un grande movimento pacifista, con le sue approfondite riflessioni, anche teologiche, teorizzazioni, esperienze sul campo, con le sue personalità di spicco, e capace di mobilitare in alcuni periodi grandi masse. Come se non ci fosse stato per quasi ottant’anni il grande lavoro culturale, educativo e politico che a partire dalla nostra Costituzione ha fatto proprio il rifiuto del ricorso alla guerra come metodo di risoluzione dei conflitti.

 

Il libro di Aldo Ferrero è un libro “onesto”: parla di sé, delle scelte fatte in giovane età e pagate di persona in un periodo in cui il servizio militare era obbligatorio, l’obiezione di coscienza non era ammessa, non esisteva il servizio civile e l’obbedienza era una ancora “virtù”. La vicenda di don Milani e il suo pamphlet sono appunto di quegli anni. Del 1965 per la precisione.

Quattro anni dopo, nel febbraio 1969, Aldo viene chiamato per espletare il suo servizio militare e, come fecero in pochissimi, “rifiuta di vestire la divisa militare”. E viene incarcerato. La sua è una decisione difficile, presa dopo molti ripensamenti, colloqui, riflessioni, valutazioni. Nel libro Aldo offre a tutti noi le pagine del suo Diario, in cui giorno dopo giorno dà conto del maturare di una presa di posizione che non ha niente di astratto o di ideologico. Lo scrive chiaramente: è a motivo della sua fede. «Com’era maturata…? Di certo alla base di tutto vi era un percorso di fede, alimentato dalla Bibbia, dalla lettura e dalla riflessione sulla vita e la testimonianza di Gesù». Una scelta nutrita dai pensieri e dalle vite di grandi personalità (Martin Luther King, Gandhi, Aldo Capitini) e dalle conversazioni con gli amici e con i pastori Gustavo Bouchard e Giorgio Girardet. Aldo infatti è valdese della comunità di Pomaretto. Anche se nella sua comunità, non tutti capiscono.

 

Le pagine del Diario, con le vicende della prigionia, del successivo processo e della vita militare sono inframezzate da una ricca e preziosa selezione di contributi che illuminano e danno conto della lunga storia, a partire dagli anni 60-70 del Novecento, di riflessioni culturali, letterarie e politiche, e delle norme giuridiche, nazionali e internazionali che hanno accompagnato e sostenuto il cammino della nonviolenza e della disubbidienza civile. Un periodo ricchissimo e intenso che merita di essere ripreso e che può aiutare a orientarci nella confusione del momento attuale, tra nuovi conflitti armati e il ripresentarsi di antiche propagande,  

 

* A. Ferrero, Per un mondo non violento. Storia di un obiettore valdese. Fondazione Centro culturale valdese e LAR Editore, Torino, 2025, pp. 268, euro 15,00.