Cambiare sostenuti dallo “stravagante” amore di Dio

Impressioni dall’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia

 

Come è stato già ricordato dal settimanale Riforma, si svolge in questi giorni l’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia. Incontro annuale della massima importanza per i riformati scozzesi, è forse ancora più significativo in anni segnati da profondi cambiamenti per la Chiesa di Scozia

 

L’Assemblea si tiene a Edimburgo, in una splendida sala all’interno di un complesso che ospita anche la Facoltà di teologia e di studi religiosi, presso la quale si formano ancora parecchi studenti, sebbene non molti orientati ad intraprendere il ministero pastorale. Quest’anno il sinodo ha ancora una durata di cinque giorni, ma a partire dal 2026 le giornate di lavoro saranno ridotte di un giorno: alcuni temono che questo possa pregiudicare l’efficacia del lavoro, il seggio risponde che si cercherà di organizzare al meglio il calendario dei lavori per permettere all’assemblea di deliberare su tutti i punti previsti, pur avendo meno tempo a disposizione. Anche questa piccola novità, in ogni caso, segnala un tema ben più ampio.

 

Chi sia abituato ai dibattiti dei nostri sinodi rimane colpito dalla grande compostezza che accompagna le discussioni. I temi sono affrontati con grande precisione e passione (solitamente istruiti da diversi gruppi di lavoro e commissioni che sottopongono all’Assemblea diverse proposte operative), ma sempre con uno sguardo all’orologio e al rispetto di tutti i presenti. Certo, capitano anche qui i ritardi: è accaduto, per esempio, nel corso della prima giornata di lavori. Una sessione era dedicata alla discussione di un rapporto sul tema del fine vita, questione che sta suscitando un vivace dibattito anche nella società scozzese, a motivo di una proposta di legge attualmente all’esame del Parlamento. La commissione che ha istruito il tema, nel riconoscere la diversità di opinioni presenti nella chiesa, sarebbe stata propensa ad una valorizzazione di tali differenti posizioni. La decisione finale, tuttavia, è andata in una direzione parzialmente diversa: si riconosce la legittimità delle diverse posizioni, senza tuttavia ritenere che la chiesa possa esprimersi favorevolmente rispetto al suicidio assistito o all’eutanasia e riconfermando quindi una posizione già espressa nel passato. Il dibattito, come segnalato, si è protratto ben oltre i tempi previsti, ma la scelta della moderatora (che nel sistema scozzese presiede i lavori del sinodo) è stata quella di prolungare i tempi, percependo che la partecipazione (anche emotiva) delle persone era molto alta. Anche in questo caso, comunque, gli interventi rimanevano contenuti in un tempo massimo di tre minuti: ciascuno è invitato all’essenzialità, riservando un tempo alle domande di chiarimento e un tempo ai commenti.

 

Come già accennato, l’Assemblea ha affrontato molti altri temi. Anche a queste latitudini l’esigenza del cambiamento è percepita con forza e legata a dati oggettivi: una chiesa grande (con circa 250.000 membri) ma in costante diminuzione numerica (ancora all’inizio degli anni Duemila i membri erano circa il doppio); una chiesa ancora radicata nella vita del Paese (la Chiesa di Scozia non è una chiesa di stato, ma si è sempre concepita come chiesa nazionale), ma sempre meno considerata come punto di riferimento per la società; una chiesa che percepisce la necessità di adeguare le proprie strutture ai nuovi numeri (i presbiteri – le regioni ecclesiastiche che suddividono la Scozia – sono passati dall’essere più di quaranta, a venti e poi ai dieci attuali); una chiesa che fa i conti con la diminuzione del denaro a disposizione (anche questo suscita vivace dibattito e preoccupazione, ma anche decisioni conseguenti: le chiese che non saranno in grado di raggiungere gli obiettivi fissati per la cassa centrale saranno considerate insolventi e potrebbero non vedere garantito il diritto alla cura pastorale o essere accorpate ad altre comunità). 

 

Insomma, questioni spinose che determinano grandi preoccupazioni: eppure, non decidere sarebbe peggio, significherebbe lasciarsi travolgere dagli eventi. I cambiamenti previsti per i prossimi anni tentano invece di garantire la possibilità di continuare a condividere l’amore stravagante di Dio. Stravagante nel senso di non ordinario, non banale. Questa espressione era il motto dell’Assemblea: senza ripeterlo in maniera ossessiva, si capiva che intorno a questo batteva il cuore del dibattito. Pensando al rinnovamento della formazione ministeriale, ai progetti che guardano alla nascita di nuove chiese (con forme comunitarie alternative rispetto a quelle tradizionali), ma anche ai tagli di bilancio (e al conseguente adeguamento degli uffici e delle attività): ogni decisione teneva conto della necessità di trovare un modo per annunciare l’amore non ordinario di Dio, attraverso la predicazione e il servizio alle persone. Questo elemento è stato sottolineato anche in una lettera di risposta al saluto del Re d’Inghilterra, presente all’Assemblea Generale attraverso una rappresentante ufficiale, la quale ha il diritto di partecipare a tutte le sedute del sinodo ma non di influenzare la chiesa nelle sue decisioni. Per la prima volta, a rappresentare il sovrano era una donna di confessione cattolica, scelta significativa nella lunga storia di conflitti che hanno caratterizzato il rapporto tra protestanti e cattolici in Scozia. Anche questo, forse, è un segnale di un cambiamento necessario nella vita della chiesa.

 

Ovviamente, molti altri sono stati i temi affrontati: alcuni ben noti anche nei dibattiti nostrani, altri tipici di un contesto sociale ed ecclesiastico molto differente. Un solo esempio: un’intera sessione del dibattito sinodale è stata dedicata alla cappellania militare, con una folta rappresentanza dei cappellani militari attualmente in servizio.

Nel cortile interno del complesso che ospita l’aula sinodale, si viene accolti da una statua di John Knox (1514-1572), il riformatore della Scozia. Potrebbe essere interpretato come una sorta di nume tutelare, un richiamo ad un passato che non può più tornare. Alla base della statua una scritta ricorda che il monumento è stato voluto da gente scozzese che desiderava non dimenticare quanto di buono l’opera di Knox aveva portato a quel paese. Non servono numi tutelari alla chiesa: basta che quando essa affronta i cambiamenti non si dimentichi che essi servono semplicemente a cercare di portare ancora qualcosa di buono nel luogo dove è chiamata a testimoniare.