
Francia, fine vita: le religioni chiedono una vigilanza etica
Mentre il Parlamento transalpino discute la nuova norma la Conferenza dei leader religiosi esprime grandi critiche
I dibattiti sul “fine vita” sono ripresi lunedì 12 maggio all’Assemblea nazionale, il parlamento francese, dopo essere stati interrotti nel giugno 2024 a causa dello scioglimento delle Camere. Si tratta di un progetto di legge presentato da Emmanuel Macron nel marzo 2024, che è stato poi diviso in due disegni di legge, secondo la volontà del primo ministro François Bayrou. I deputati discuteranno i due testi per quindici giorni, prima del voto formale previsto per il 27 maggio.
Il primo testo, presentato da Annie Vidal (Renaissance), è stato adottato all’unanimità dalla commissione venerdì 11 aprile 2025. In particolare, prevede l’introduzione di un “diritto esigibile” alle cure palliative e la creazione di “case di sostegno”, ossia strutture intermedie tra il domicilio e l’ospedale. L’obiettivo è quello di ospitare i pazienti e le loro famiglie in piccole unità che offrano un’assistenza completa.
Nel 2023, solo il 48% delle richieste di cure palliative è stato soddisfatto, anche se si prevede che i bisogni aumenteranno ulteriormente con l’invecchiamento della popolazione. Se nel 2021 venivano assistiti 190.000 pazienti, nel 2034 sarà necessario poterne assistere 440.000, secondo il Ministro della Salute Catherine Vautrin. La realizzazione del “diritto” alle cure palliative o di supporto ha implicazioni finanziarie, dal momento che un giorno di ricovero a domicilio costa da 250 a 450 euro, rispetto ai 1.200 euro dell’ospedale.
La misura che sta facendo più discutere in Aula è però la seconda: il “diritto all’assistenza nel morire”. I deputati di destra e di estrema destra hanno presentato più di 1.000 emendamenti in commissione contro questa parte del disegno di legge. Tuttavia, il 3 maggio il testo è stato adottato in commissione con 28 deputati a favore e 15 contrari.
Inizialmente, la bozza di norma prevedeva che l’atto di aiuto alla morte dovesse essere compiuto dal paziente stesso o da un assistente volontario se il paziente era fisicamente incapace di farlo; si parlava di “suicidio assistito ad eccezione dell’eutanasia”. Alla fine, tuttavia, la commissione ha deciso che i pazienti avrebbero potuto scegliere se eseguire la procedura da soli o se farla eseguire da un assistente. Inoltre, l’accesso alla morte assistita è stato esteso alle persone che hanno avuto un incidente, ma esclude le persone affette da malattie psichiatriche o neurologiche come l’Alzheimer.
Nel dibattito interviene la Conferenza dei leader religiosi di Francia (CRCF) che riunisce protestanti, cattolici, ortodossi, ebrei, musulmani e buddisti: l’organismo «mette solennemente in guardia dai gravi abusi insiti nel progetto di legge che introduce nella legislazione francese il “diritto alla morte assistita”. Dietro un apparente desiderio di compassione e supervisione, questo testo compie una svolta radicale: introduce legalmente la possibilità di somministrare la morte – attraverso il suicidio assistito o l’eutanasia – ribaltando profondamente i fondamenti dell’etica medica e sociale».
Ecco i punti espressi dai leader religiosi francesi:
1. Un linguaggio che maschera la realtà
La terminologia scelta – “aiuto in fine di vita” – maschera la vera natura dell’atto: la somministrazione volontaria di un prodotto letale. Questo vocabolario eufemistico, che la stessa Autorità Nazionale della Sanità francese definisce fonte di confusione etica, distorce le parole per sdrammatizzare la gravità morale dell’atto. Descrivere una morte somministrata come “naturale” è una falsità pensata per addormentare le coscienze e indebolire il dibattito pubblico.
2. Una rottura con l’essenza dell’assistenza
L’inserimento dell’aiuto al morire nel Codice di sanità pubblica costituisce una deviazione dalla medicina. Si scontra con il giuramento di Ippocrate e con il principio fondamentale della cura, che mira ad alleviare senza uccidere. Molti operatori sanitari esprimono il loro sgomento: essere responsabili di causare la morte di un paziente è una trasgressione radicale della loro missione e rischia di instaurare una cultura della morte laddove la medicina è sempre stata costruita come un servizio di cura della vita.
3. Garanzie etiche e procedurali gravemente insufficienti
Il testo attuale consente a un singolo medico di autorizzare un atto letale, senza alcuna procedura collegiale o valutazione psichiatrica. Nei suoi pareri successivi, l’Autorità nazionale francese per la salute ha sottolineato l’assoluta necessità di un discernimento condiviso, multidisciplinare, lungo e supervisionato. Il periodo di indagine di 15 giorni seguito, se necessario, da un periodo di riflessione di sole 48 ore – o anche meno – è contrario a tutti gli standard internazionali. Questa fretta è indegna di una decisione irreversibile e della gravità della questione in gioco.
4. Una minaccia diretta per le persone più vulnerabili
L’introduzione di questo “diritto” rischia di esercitare una pressione, tenue ma reale, su anziani, malati e persone con disabilità. La sola esistenza di questa opzione può indurre nei pazienti un senso di colpa tossico, il senso di “essere un peso”. Nei Paesi in cui l’eutanasia è stata legalizzata, il numero di richieste continua ad aumentare e si registra un preoccupante calo degli investimenti nelle cure palliative. Di conseguenza, la promessa di un sostegno dignitoso tende a scomparire dietro un’opzione terminale presentata come una soluzione.
5. Un attacco all’equilibrio tra autonomia e solidarietà
La proposta di legge sancisce l’autonomia individuale a scapito dei legami familiari e sociali. Rende assoluta l’autodeterminazione individuale escludendo qualsiasi informazione o consultazione di familiari e amici, dell’équipe sanitaria e di qualsiasi supporto spirituale o psicologico. In questo modo, non tiene conto della dimensione relazionale e interdipendente dell’esistenza umana. Questa scelta solitaria corre un alto rischio di provocare traumi e ferite durature, soprattutto nel caso in cui la morte di una persona cara assistita dal suicidio o dall’eutanasia venga scoperta a posteriori.
6. Un appello alla responsabilità politica e umana
Di fronte a questa possibile frattura antropologica, il CRCF chiede ai parlamentari di dare prova di discernimento. Legalizzare la morte non sarebbe un progresso, ma un passo indietro dal punto di vista etico, sociale e medico. Dobbiamo optare per investimenti in cure palliative, formazione all’ascolto e sostegno completo alle persone fino alla fine della loro vita. Questa è la scelta tra umanità e abbandono, tra relazione e solitudine, tra cura e rassegnazione.
Il testo è firmato da:
Christian Krieger, Président de la Fédération protestante de France
Monseigneur Eric de Moulins-Beaufort, Président de la Conférence des évêques de France
Monseigneur Dimitrios, Président de l’Assemblée des évêques orthodoxe de France
Monsieur Haïm Korsia, Grand rabbin de France
Monsieur Mohammed Moussaoui, Président de l’Union des mosquées de France
Monsieur Antony Boussemart, Président de l’Union bouddhiste de France
Maître Chems-Eddine Hafiz, Recteur de la Grande Mosquée de Paris.