Abbiamo bisogno del perdono di Dio

Un giorno una parola – commento a Luca 18, 13-14

 

 

Sacrificio gradito a Dio è uno spirito afflitto; tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto e umiliato

Salmo 51, 17

 

Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!”. Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s’innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato

Luca 18, 13-14

 

Ricordo che da bambino genitori e maestre ci ammonivano a non vantarci: “Chi si loda, si imbroda!”. Chi si loda, danneggia se stesso. Potrebbe essere questa la morale del passo di Luca? Risponderei sì e no.

Gesù, in effetti, esorta i suoi all’umiltà e alla modestia. Ma credo che ci sia di più. Vi invito a rileggere tutto il breve racconto di Luca (Luca 18, 9-14) di cui sono protagonisti sono un fariseo e un pubblicano. Il centro della parabola, così credo, è il paradosso di un pubblicano giustificato e di un fariseo non giustificato. Il fariseo è il tipo stesso dell’uomo pio, rispettoso di ogni obbligo e divieto sancito dalla legge di Mosè, il pubblicano è il peggiore dei peccatori, complice dei dominatori, è odiato da tutti, perché, per arricchirsi, sfrutta e opprime i suoi connazionali.

 

Il nostro fariseo non è un ipocrita: certamente osservava scrupolosamente i comandamenti. Il suo errore è l’orgogliosa illusione di non avere ormai più bisogno di Dio: certo della sua giustizia, conquistata con la puntuale osservanza della Legge, è arrivato, perfetto e irreprensibile. Il suo atteggiamento rivela, poi, la sua irritante quasi spavalda sicurezza: lui è migliore degli altri. Il suo peccato è giudicare: mettendosi al posto di Dio, decide chi è salvo e giusto e chi è peccatore e condannato.

 

Come l’orgoglio chiude la porta alla grazia divina, così l’umiltà permette alla grazia di Dio di irrompere nella vita di chi si rivolge a lui. Meglio di qualsiasi osservanza o sacrificio, per essere accolti da Dio, è la consapevolezza, che diviene la sincera confessione, prima a noi e poi al Signore, di avere bisogno di lui, del suo perdono, del suo aiuto e del suo amore: O Dio, abbi pietà di me, peccatore! Il pubblicano non aveva nulla da offrire al Signore, se non la sua consapevolezza d’essere un peccatore, il suo profondo pentimento e il suo cuore abbattuto e umiliato, ma null’altro Dio voleva da lui e null’altro vuole da noi. Amen.

 

Immagine: La parabola del fariseo e del pubblicano, di Field & Allan, 1865, particolare di una vetrata presente nella Trinity Church, Irvine, Ayrshire (Scozia).