
Pietre resistenti per non dimenticare chi liberò l’Italia
Le lapidi dei partigiani caduti in Val Pellice raccontano loro storia grazie a un codice Qr-code. Un progetto che le sezioni Anpi locali hanno portato a termine per l’80° anniversario della Liberazione
«Oggi farò il giro delle lapidi partigiane della valle per apporre su ognuna un codice Qr-code che porta a una pagina web che ne racconti la storia»: questo è il messaggio che abbiamo ricevuto qualche giorno fa via WhatsApp da Sergio Catania dell’Anpi Val Pellice. Con quel messaggio stava informando un po’ di amici che ci sarebbe stata questa nuova possibilità: poter raccogliere informazioni sul nostro passato con un semplice clic fotografico.
In quel momento la redazione di Riforma –L’ Eco delle valli valdesi era impegnata in riunione. Abbiamo pensato: questa iniziativa dovrebbe essere valorizzata, e dunque l’abbiamo raggiunto al telefono: «L’idea – ci ha detto Sergio Catania, sorpreso per la nostra chiamata – è nata due anni fa; un amico dell’Anpi, sapendo che l’idea mi sarebbe piaciuta, buttò l’esca: “avremmo in progetto di apporre codici Qr sulle lapidi per raccontare le storie partigiane, perché non ci dai una mano?” Il progetto non c’era, era tutto da realizzare, ma l’idea era buona, come pure la causa», rileva. «Però – ci ha detto – sono in giro proprio per mettere “i codici”, possiamo sentirci domani…?» I codici, per chi non lo sapesse, e per semplificare, sono dei quadratini grafici con una griglia di zona bianche e nere che i nostri smartphone sono in grado di leggere, e Sergio in quel momento li stava incollando alle lapidi toccate dal progetto.
Il giorno seguente, mantenendo la promessa, ci ha raccontato come abbia dovuto censire le lapidi scavando talvolta nei ricordi dei testimoni, tra tutti Giulio Giordano, l’instancabile partigiano della V Divisione G.L. prossimo ai cento anni; trovarle, rilevarne le coordinate geografiche utili a localizzarle in una mappa, fotografare i luoghi per facilitarne l’individuazione, e ricostruire la storia che ciascuna di esse aveva inteso ricordare nel momento in cui era stata apposta e che in alcuni casi si era già dimenticata. «[…] E nel passaggio costruire dal niente uno spazio online dove poter ospitare le informazioni, quello che adesso è il sito www.anpivalpellice.it».
Sergio ci racconta come, andando alla ricerca delle lapidi e della loro storia, abbia finito per riflettere sulla trasmissione della memoria: «la Resistenza ha creato una sua monumentalistica. I monumenti ai caduti della Grande Guerra che hanno riempito le nostre piazze avevano la funzione di materializzare l’elaborazione collettiva del lutto per l’enorme carneficina che essa fu; le lapidi ai partigiani caduti durante la Resistenza invece, disseminate come sono nei luoghi della nostra vita, cambiano la natura del luogo: è come se dicessero “Attenti, questo luogo non è quello che sembra, dal giorno preciso, qui scolpito, esso non è più quello che era”. Vogliono iscriversi, insomma, nella storia del paesaggio, una conseguenza della forma e della natura di quel particolare tipo di guerra che fu la guerra partigiana. Sono quindi un invito piuttosto perentorio alla memoria. Non fosse che noi – prosegue –, i posteri, sappiamo che la memoria è “dea” ambigua, non priva di doppiezze e zone oscure: come nel caso delle lapidi erette a memoria di fatti e morti che all’epoca innescarono polemiche all’interno delle stesse formazioni partigiane, davanti a cui vien da chiedersi quale sia il messaggio che la lapide ci vuole fare intendere.
Ma è il caso anche della lapide in sé stessa, ricorda ancora Sergio: «… che cosa ha portato a erigerla? Sì, talvolta la morte ha segnato gli spiriti, talaltra il partigiano caduto si è fatto voler bene più di altri… Ma al di là di tutto, a parità di circostanze, qualcuno ha avuto la sua lapide ed altri no, ed il perché ci resta inafferrabile».
«E soprattutto – conclude Sergio – nelle lapidi sparse in Val Pellice manca ogni retorica, quello che risalta, checché ne dicano i nostri governanti, è proprio la sobrietà: non statue o rilievi di guerrieri, ma placche su pietra, o addirittura pietra su pietra. Quella pietra su cui una mano ugonotta, non a caso, incise più di tre secoli fa la parola “RESISTER”, resistere, resistenza, non a caso».
Su anpivalpellice.it (menu La nostra memoria/Le lapidi), il piccolo database delle lapidi è consultabile in linea anche in una comoda mappa interattiva; l’opuscolo «Pietre resistenti» è disponibile in download.