Speciale 80 anni dalla Liberazione. 80 anni di ininterrotta e solidale amicizia

Il mondo valdese ha da sempre solidi e stretti rapporti con la Germania: le difficoltà dopo il 1945, superate di slancio

 

È in distribuzione in tutto il territorio del pinerolese nell’area sud della provincia di Torino (lo trovate in centinaia di luoghi pubblici, dalle biblioteche ai negozi) il numero di aprile del mensile free press L’Eco delle valli valdesi che potete leggere integralmente anche dal nostro sito, dalla home page di di www.riforma.it.Il numero è pressoché interamente dedicato agli 80 anni dalla Liberazione dal regime nazifascista. Fino al 25 aprile ogni venerdì vi proporremo alcuni degli articoli contenuti nello speciale.

Buona lettura

 

In Europa, a parte i conflitti nei Balcani, per 80 anni abbiamo vissuto in pace in un benessere diffuso anche se assai differenziato. La generazione come la mia, nata subito dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, ha avuto tutto il tempo di dimenticarla. Sono sempre gli altri in un altrove lontano a fare la guerra. Che noi viviamo solo in televisione.

 

Nel 1971, andando a Bonn per un anno di studio in Teologia, avvertii fortemente, tra i miei colleghi, il tema della colpa, delle ferite che la guerra proiettava ancora sulle nuove generazioni.  Questo clima, in parte, l’ho ritrovato alle Valli alla metà degli anni ’70. I fantasmi della guerra non erano totalmente scomparsi. Agape, inaugurata nel 1951, aveva indicato in modo potente e straordinario la giusta prospettiva: la riconciliazione post-bellica. Un’eredità preziosa che non è rimasta limitata agli anni del dopoguerra ma che è stata, nei decenni, reinterpretata. E questa sfida prosegue.

 

Tornando alla metà degli anni ’70, alcuni partigiani erano vivi. Furono incontri importanti, la questione fascista e nazista era ancora un ricordo vivido. In quegli anni, da giovane pastore, ho accolto in val d’Angrogna decine e decine di gruppi di valdesi tedeschi, prevalentemente provenienti dalle antiche colonie. Nel 1949, quando si svolse l’anniversario della loro fondazione (nel 1699) prevalentemente nel Baden, nel Württemberg, nell’Assia, ripresero i contatti tra i due mondi valdesi, questa volta uniti, in un destino non più di morte ma di rinnovata fratellanza. Ci manca un po’ un libro che racconti, in modo organico, la stagione post-bellica di queste persone, che tornarono in Italia non con la divisa della Wermacht ma con lo zainetto del turista.

 

Ho vissuto, per alcuni anni, un segmento di questa ritrovata fratellanza. Tra tutti ricordo in particolare l’infaticabile pastore Enrico Geymet che, proprio nei territori abbandonati dai valdesi religionis causa nel XVII secolo, seppe ricostruire, con l’aiuto delle comunità valdesi in Germania, un nuovo luogo di culto (1963) e di incontro a Villar Perosa e Pinasca. Quello slancio proseguì negli anni con rinnovato entusiasmo. La Foresteria valdese a Torre Pellice ricevette centinaia di gruppi tedeschi. Angrogna era la meta preferita per i suoi luoghi storici, per le belle passeggiate estive sotto i castagni. Chi diede forte impulso a questa fraternità fu Jürgen Hanssmann, che ci ha lasciato da poco all’età di 90 anni. Si considerava un allievo di Tullio Vinay, che conobbe all’età di 20 anni quando Agape era in costruzione.

 

Nel 1982, il progetto di ricostruzione la Casa dei partigiani al Bagnòou (val d’Angrogna), bombardata dai tedeschi, suscitò molte riflessioni anche in Germania. Venne a trovarci il Präses Brandt della Chiesa della Renania che, avendo fatto la guerra, mi disse che «utilizzare le macerie prodotte dalla guerra per costruire un luogo d’incontro internazionale, di dialogo e di amicizia tra i giovani» era «un progetto utile nel rinsaldare la pace tra i popoli». Quella rete di amicizie costituitesi quarant’anni fa intorno al progetto della Cà d’la pais l’ho in parte ritrovata più tardi a Riesi, nell’opera di rilancio del Servizio cristiano. Regista di tanti di questi preziosi contatti fu Paolo Ricca.

 

Oggi inquieta vedere come in Germania alte percentuali di elettori condividano rigurgiti imperialisti che riecheggiano quelli nazisti. Pensavamo che dopo tanta sofferenza il capitolo fosse chiuso. Invece il mondo dei violenti è tornato prepotentemente alla ribalta con drammatiche conseguenze geopolitiche, quasi che le questioni complesse vadano risolte con la forza delle armi. Uno scenario già vissuto ma sembra che non sia servito a cambiare rotta. Ci tocca, ancora una volta, navigare controcorrente.

 

 

Foto da: “Immaginate una casetta in alta montagna. Trent’anni della Cà d’la Pàis in Val d’Angrogna”, Claudiana