
La vita mutevole della cultura di massa
Le differenze tra gli anni ’60/’70 e ’80/’90, nel libro di Vanni Codeluppi, passano anche attraverso il “culto del banale”
Che cosa è la cultura di massa? È una cultura accessibile a ogni fascia di popolazione. Essa, però, negli anni ’80-’90, e nell’Europa e in specie in Italia, ha trovata la propria morte nel digitale, foriero di una incultura di massa. La tematica è stata affrontata nella sua complessità dal sociologo Vanni Codeluppi ne La morte della cultura di massa*. Le caratteristiche della cultura di massa contemporanea hanno subito una metamorfosi: «[…] è stata via via smembrata in subculture di vario genere […] e dunque non è inappropriato parlare di “morte” di tale tipo di cultura». In altri termini, mentre un testo scritto richiede un pensare logicamente, i media annullano ogni contenuto profondo. Un “sovvertimento”, questo, che viene messo a nudo, analizzato, in tredici brevi capitoli molto articolati, sì, ma comprensibili anche ai non-esperti.
L’industrializzazione della cultura. «Il modello produttivo di tipo industriale […] è stato adattato anche all’ambito della cultura». La cultura popolare era sempre stata compresa quale folclore, qualcosa di poco rilevante, di banale. E solo negli anni Sessanta si è registrato lo sviluppo della cultura di massa che interagiva con altre forme culturali.
Il dibattito sulla cultura di massa. Con l’utilizzazione di nuovi media il processo di industrializzazione della cultura ha indotto in molti un diffuso senso di disorientamento. Gli anni Sessanta si riferivano ancora agli studi della Scuola di Francoforte (anni Venti-Trenta) secondo cui l’industria culturale mirava semplicemente a diffondere una ideologia ingannevole a opera della borghesia legata al sistema capitalistico. Tra altre molte tesi spicca l’analisi di Marshall McLuhan, secondo il quale la cultura è suddivisibile in tre livelli: alto, basso medio. Tale teoria venne recepita soprattutto in Italia.
I tre livelli della cultura in Italia. Negli anni Sessanta la cultura di massa non era considerata agli stessi livelli di quella tradizionale (filosofia, letteratura o teatro). Fra i tanti studiosi si può citare Umberto Eco, secondo il quale i tre livelli di McLuhan «[…] non corrispondono necessariamente a una precisa strutturazione per classi sociali esistente nella società e non esprimono tre differenti livelli qualitativi».
La frammentazione della società e della cultura. Il superamento della triade di MacLuhan, negli anni Settanta, si deve al sociologo tedesco Niklas Luhmann: intuì un processo di cambiamento espresso da una ulteriore frammentazione della società e della cultura in molteplici sub-culture.
Il postmoderno e le tecnologie digitali e mediatiche. La comunicazione fondata sui media digitali, che vede il telefono sostituito dallo smartphone, ha portato a modificare «[…] in profondità il rapporto tra gli esseri umani e i media. […] questi strumenti tendono sempre più a formare un sistema interconnesso con i corpi […]. Vale a dire che diventano delle protesi».
La società dei flussi. «I media contemporanei […] hanno introdotto e sempre più sviluppato un modello principalmente imperniato sui flussi comunicativi. È però la natura specifica del mondo della comunicazione digitale che tende a rafforzare e intensificare il modello basato sui flussi».
La televisione. «La televisione […] è uno strumento e dunque può essere orientata verso il raggiungimento di obiettivi utili per la collettività. […]. Essa, cioè, può sincronizzare – sul piano temporale ed emozionale – la vita della società, dando origine a uno spazio collettivo adatto al confronto culturale, e contribuire, nel contempo, alla crescita del livello di maturità delle persone.»
Una nuova cultura globale e l’effetto Netflix. Oggi, la cultura va interpretata in termini di «[…] una costante relazione dialettica tra il globale e il locale». E qui, le varie piattaforme digitali svolgono un ruolo sociale importante – tra queste, Netflix; che, al pari delle altre multinazionali, «[…] ha la necessità di adattarsi alle culture dei numerosi dei numerosi paesi nei quali opera».
La “marvelizzazione” della cultura. Il mercato di fumetti, negli Usa, verso fine anni Trenta del Novecento visse tempi d’oro: Superman e Batman assunsero nell’immaginario collettivo un ruolo di rilievo. Però, chiusa la “stagione” bellica, tale successo editoriale crollò. Il mondo dei fumetti trovò una ripresa grazie all’editrice Marvel che mise sul mercato personaggi di successo: Capitan America, I Fantastici 4, l’Uomo Ragno… Creò così «[…] un unico e gigantesco prodotto culturale che evolve nel corso degli anni».
La crisi della forma. «[…] negli ultimi decenni nei principali ambiti della produzione culturale contemporanea, si è via via imposta una situazione di sempre minore attenzione per il livello di qualità raggiunto dal linguaggio e dalla forma.»
Il culto del banale. Nel corso di decenni l’ambito sociale e culturale è andato degradando circa «[…] il livello di cura formale dei messaggi». «Tale modello si basa su quel “culto del banale”» la cui origine risale al 1917 in forza di una intuizione di Marcel Duchamp con il suo orinatoio in porcellana bianca esposto a New York; il messaggio era che «[…] per la prima volta un semplice oggetto di uso quotidiano veniva innalzato allo stesso livello dell’arte migliore. […]. Un analogo fenomeno si sta però sviluppando da tempo anche nel mondo dei media». Basti pensare a programmi televisivi quali il Grande Fratello.
Divertirsi da morire? «Nelle società contemporanee si va sempre più diffondendo un atteggiamento ludico nei confronti della realtà. […]. Pertanto, stiamo assistendo a una crescente disseminazione sociale del modello del gioco, i cui seguaci proliferano in numerosi ambiti: dal marketing alla politica, dall’educazione allo sport.» Una dimensione del divertimento, questo, che vede come principale fattore e attore la televisione.
Verso il simulacro integrale. «[…] gli strumenti mediatici e quelli digitali tendono a moltiplicare e diffondere simulacri». Nel corso degli ultimi decenni le società occidentali contemporanee «[…] sono caratterizzate da un processo di moltiplicazione dei simulacri, intesi come copie di copie che rinviano senza fine le une alle altre, copie delle quali non esistono più gli originali».
Il testo presenta una bibliografia che rimanda a testi principali e ad articoli esplicitamente citati o consultati in corso d’opera, riferiti al Prologo e ai singoli capitoli: un’utile guida.
- Codeluppi, La morte della cultura di massa. Roma, Carocci, 2024, pp. 116, euro 13,00.