Playlist di marzo. Altro che mutande!

Fra musica e teologia la nuova rubrica del Dj e scrittore Diego Passoni

 

Un noto marchio internazionale di underwear ha scelto il suo nuovo testimonial mondiale. Si tratta di Bad Bunny, pseudonimo di Benito Antonio Martínez Ocasio, che è un cantautore, rapper, produttore discografico e wrestler portoricano. Come era accaduto al protagonista di The Bear Jeremy Allen White, il corpo di questo giovane uomo è stato ostentato sull’altare del marketing, sfruttando la sua sensualità per vendere mutande. Tutti impareranno a memoria i muscoli addominali, forse meno le sue canzoni, che avrebbero molto da dire.

 

Per esempio, di tutto quello che passa nel cuore e nella mente di un giovane che è migrato da Portorico a New York e poi a Los Angeles, imparando a guardare la sua terra, grazie alla distanza, con occhi nuovi, facendo quel sano lavoro di dialogo con gli avi, con la poesia e la musica popolare, e continuando strofe e rime antiche con i suoni elettronici e le barre di rap.

 

Alessandro Giammei, insegnante di Letteratura italiana a Yale, nel suo saggio Gioventù degli antenati scrive che la vera cultura non si fa con il nostalgismo di una terra o di un tempo perduti, quanto con l’amorevole e collettivo confronto con i nostri antenati, con cui interloquire per eguagliarli, o magari superarli.

 

Bad Bunny parla con la trap e con la musica jibaro, cita poeti novecenteschi, cita il poeta, educatore e politico portoricano Virgilio Davila, e le mette nelle mani del compositore Andres Jiménez, e molto altro ancora. Ascoltatevi Debi tirar mas foto, per cominciare, l’ultimo album, in cui partecipano registi e professori universitari e parlano di colonialismo, politica e giustizia sociale e in cui il reggaeton balla un passo a due con salsa, plena, bolero e perreo della vecchia scuola, abbinati al pop latino e alla musica urban di oggi.

 

Altro che vendere mutande!