
“Il vento della memoria semina giustizia”
A Trapani la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”
1101 nomi, scanditi più volte nella due giorni che l’organizzazione Libera ha organizzato il 20-21 marzo, come da 30 anni in qua, per chiedere giustizia per le vittime innocenti delle mafie.
Un lungo elenco la cui lettura dura circa un’ora. Uomini, donne, troppi bambini. Un momento per nulla retorico, potente e toccante, per restituire soggettività e memoria ad ognuna di quelle vite martoriate dalla follia criminale.
Quest’anno è stata Trapani a ospitare la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, una città che alla mafia ha pagato un prezzo altissimo. Decine di migliaia di persone, moltissime le scolaresche, hanno invaso la città tra i due mari per un appuntamento diventato parte del calendario civile del nostro paese.
In prima fila come sempre i parenti delle vittime, «l’80% delle quali non ha ottenuto giustizia, o ne ha ricevuta una versione parziale» ha ricordato il creatore e presidente di Libera, don Luigi Ciotti. E senza giustizia come si può immaginare di costruire una società matura? Non a caso l’unico slogan scandito a più riprese dal lungo serpentone di persone che si è mosso nelle vie della città vecchia è stato “Chiediamo Verità e Giustizia”. C’è chi le attende da decine di anni, e anche se in cuor suo sa che non le avrà mai, non smette di scendere in piazza. Le testimonianze dei familiari con il loro dolore e la loro dignità andrebbero trasmesse nei telegiornali, per richiamarci tutte e tutti a una responsabilità collettiva di giustizia.
“Il vento della memoria semina giustizia” è stato lo slogan scelto quest’anno, proprio nella città del vento che mai ha smesso di soffiare.
Già il 20 marzo vi sono stati alcuni appuntamenti: un momento privato dedicato alle sole famiglie, seguito da una partecipata veglia ecumenica nella cattedrale, alla presenza dei rappresentanti religiosi della città, dai buddisti della Soka Gakkai ai musulmani, dai cattolici ai protestanti, rappresentati da Gianluca Fiusco che ha la cura delle chiese valdesi di Trapani e Marsala. Anche qui ci si è presi tutto il tempo necessario per leggere il lunghissimo elenco, un muro di nomi. Nel suo intervento Fiusco ha richiamato il testo delle Beatitudini: «“Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati”. Ma cosa intendiamo per giustizia? Non è semplicemente ciò che riteniamo giusto per noi stessi, né la difesa del nostro spazio vitale, delle nostre idee o dei nostri privilegi. La giustizia, per i cristiani e le cristiane, non è vendetta, non è esclusione, non è tifoseria sportiva né propaganda [..] A Trapani si parla ancora di mafia, ma troppo spesso il dibattito, quando non destinato all’autocompiacimento, serve più a rafforzare nuove forme di potere e silenzio che a contrastare davvero l’illegalità [..] Ma c’è una speranza. Riconoscere di essere affamati e assetati non ci toglie nulla, anzi: ci dà l’opportunità di metterci in cammino, di cercare la vera giustizia. Non quella urlata del narcisismo; non quella che fa tendenza sui social o che si misura in voti elettorali. Ma la giustizia che sa esercitare la misericordia. Perché la giustizia di Dio è misericordia. Non indulgenza verso l’ingiustizia, ma capacità di vederla, l’ingiustizia, di riconoscerla e lottare per superarla. Per non restarne prigionieri. Che questa consapevolezza, che è dono e possibilità insieme, e che è possibile nel cammino ecumenico, renda la nostra fame e la nostra sete di giustizia l’inizio di una ricerca, la forza di proseguire in questa ricerca, la speranza di raggiungerla».
La mattina del 21 marzo il lunghissimo corteo sfila per le vie del centro e finisce in piazza Garibaldi dove la lunga lista dei nomi (letti da autorità, da parenti, da ragazzi) precede l’intervento finale di don Ciotti.
«Io non ringrazio nessuno, abbiamo fatto semplicemente il nostro dovere – ha esordito Ciotti, per poi ribadire che «La verità non può andare in prescrizione» e che «Le latitanze politiche e sociali rendono possibili le latitanze criminali, mentre sono troppi i neutrali, troppi coloro che delegano, e così facendo diventano anche loro complici di un sistema impantanato. Un sistema dove oggi diventa possibile cacciare le persone lungo le frontiere con i cani, dove le organizzazioni che salvano le persone in mare diventano criminali. Ma come è possibile tutto questo?» ha scandito dal palco.
La speranza di un cambio di consapevolezza sta ancora una volta negli sguardi e nelle voci dei tantissimi giovani che hanno colorato il corteo, sta nella loro sete di «costruire un mondo in cui vale la pena vivere», una frase pronunciata da chi ha Trapani ha lasciato la vita per il proprio impegno antimafia, Mauro Rostagno.