
Minerali e terre rare
Nell’ottica di non dipendere da giacimenti in paesi terzi, l’Europa ha varato nuove misure per sfruttare le risorse presenti
Litio, titanio, grafite, berillio; e poi le 17 terre rare venute alle luci della ribalta come sorta di indennizzo dei denari inviati in Ucraina dagli americani sotto forma di armamenti e intelligence. Questi elementi giocano un ruolo fondamentale negli scenari geopolitici che si stanno delineando in questi ultimi tre anni. Alcuni settori trainanti e strategici dell’industria delle grandi potenze mondiali, infatti, non possono che dipendere da questi elementi (attualmente il 98% delle terre rare è estratto in Cina: comprensibile quindi la spasmodica ricerca di accaparrarsi più riserve possibili in altri luoghi della terra); in ambito delle energie rinnovabili, nel campo dell’evoluzione degli armamenti, in quello del nucleare questi elementi sono un cardine imprescindibile.
Talco e grafite
In Italia la storia estrattiva è ormai ferma al dopoguerra. Una dopo l’altra quasi tutte le varie miniere sono state chiuse, resistono solo alcune eccellenze, come quella del talco, nella valle valdese della Germanasca. Antieconomicità: questa la motivazione per cui gli imbocchi delle gallerie sono stati murati un po’ ovunque (dalla Sardegna al Bergamasco); alcune di esse sono state convertite in poli museali. Ma soprattutto era molto più comodo (e creava meno problemi) andare a scavare in zone del mondo dove la sensibilità verso l’ambiente e le norme relative alla sicurezza sul lavoro erano meno stringenti. Il web è pieno zeppo di servizi su miniere in Sud America o in Africa che fanno rabbrividire per condizioni di lavoro, di sicurezza, di vita.
Nelle valli valdesi l’eccellenza è rappresentata dal talco, minerale importante soprattutto nell’ambito della medicina, ma sotto la lente d’ingrandimento dell’Oms per essere potenzialmente (ma non ancora certificato) cancerogeno. Queste le uniche attività estrattive ancora attive (le cave di pietra di Luserna e di marmo rientrano in altre dinamiche, non le tratteremo in questo breve articolo).
Ma il passato è ricco di buchi un po’ in ogni angolo di valli e d’Italia, ognuno con storie di fatiche e drammi e peculiarità. Il rame di fine ’800 della val Chisone/Germanasca, delle miniere del Beth, tristemente famose per essere state il teatro del più grave incidente della storia estrattiva italiana (81 morti sotto una valanga nel 1904); poi oro e argento ricercato (e trovato, ma in piccolissime parti) nelle gallerie un po’ ovunque. E la grafite. Che ci ricorda da vicino le mine delle matite, ma che oggi è un elemento fondamentale nel campo dell’elettronica (e in futuro potrebbe sostituire il silicio). Di grafite si è tornati infatti a parlare negli ultimi anni per riattivare alcune miniere fra le molte esistenti. La storia racconta infatti di come venisse estratto questo minerale, connotando anche toponomasticamente i luoghi (Tera Nera fra Luserna San Giovanni e Bricherasio per esempio). Di miniere storiche censite di grafite ne troviamo una decina nel Pinerolese e oggi è considerata una “materia prima critica” (Mpc).
L’Europa e l’Italia
Nel marzo 2024 il Consiglio europeo ha adottato il Regolamento europeo sulle materie prime critiche, in quanto si prevede un aumento esponenziale della domanda di terre rare nei prossimi anni. La motivazione principale di questo regolamento è che «La transizione verde dell’UE richiederà la costituzione di una produzione locale di batterie, pannelli solari, magneti permanenti e altre tecnologie pulite. Per soddisfare la corrispondente domanda sarà necessario un ampio accesso a una serie di materie prime».
A partire dalle 34 materie prime critiche individuate è stato stilato anche un elenco specifico di materie prime strategiche. Come già detto, questi elementi sono indispensabili per oggetti di uso quotidiano come i nostri cellulari fino ad arrivare a essere parti fondamentali di aerei etc.
L’Italia, in attuazione del decreto del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (DM n. 386 del 17 novembre 2023), ha emesso un avviso pubblico per la presentazione di Progetti di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica riguardanti l’intera catena del valore delle Materie Prime Critiche (Mpc) e delle Materie Prime Strategiche (Mps), finanziabili nell’ambito dell’iniziativa “Mission Innovation 2.0”, con un fondo di 21 milioni di euro. Il termine per la presentazione dei progetti è marzo 2025 e qualcosa ai vari enti (Comuni, Regioni e Stato) è già arrivato.
Nel Pinerolese
Due sono i permessi richiesti negli scorsi mesi. Il primo denominato “Villar” copre una vasta area della destra orografica della val Chisone toccando i Comuni di Roure, Perosa Argentina, Pomaretto, Pinasca, Inverso Pinasca, Villar Perosa, San Germano Chisone, Pramollo, Perrero per un totale di 6492 ettari (10.000 campi da calcio per intenderci) e il secondo chiamato “Lemina”, che tocca i Comuni di Pinasca, Pinerolo, Porte, San Pietro Val Lemina, Villar Perosa e si estende per 1582 ettari, quindi molto più piccolo rispetto al primo. Per entrambi si va alla ricerca della grafite (e dei minerali a essa associati). Il permesso “Villar” è commissionato dalla Energia Minerals srl, una controllata della grande multinazionale australiana Altamin Ltd, che possiede il permesso di ricerca mineraria “Cime”, parte del Progetto Gorno per Zinco-Piombo-Argento, situato nello storico Distretto Minerario di Gorno in Lombardia; inoltre ha altri permessi in Lazio, e nella vicina valle di Viù (cobalto, per batterie). Il permesso “Lemina” invece è stato richiesto da Marcello Bruera di Pinerolo.
Che cosa succede? Il futuro?
Al momento l’iter sta aspettando le varie autorizzazioni degli organi competenti e quindi siamo ancora lontani dal vedere attivate nuove gallerie nel territorio. Inoltre i due proponenti una volta autorizzati a procedere dovranno valutare l’economicità dell’operazione. Il progetto è quindi, come dichiarato da Energia Minerals «in una fase conoscitiva iniziale e gli studi programmati come attività di base sono: acquisizione di dati cartografici e geologici; raccolta di dati storici nell’area d’interesse; programmazione del rilievo geofisico, dettagliato a seguito; creazione di un database con sistemi GIS (Arcview© e simili); valutazione dei dati e stesura della relazione». Questa prima fase comporterà una spesa di circa 180.000 euro.
A riprova del forte interesse per impiantare un’attività estrattiva in zona che potrebbe stravolgere, nuovamente, territorio e tessuto sociale. La situazione della val Chisone è solo uno dei tanti esempi di permessi richiesti in Italia. A questo link è possibile infatti vedere il quadro completo della situazione mineraria in Italia.