
Scherzi della memoria: Berthe Bertsch e il pastorato delle donne
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Il 23 marzo 1930, nel tempio Saint-Étienne di Mulhouse, Berthe Bertsch venne consacrata pastora della chiesa riformata di Alsazia e Lorena. Proprio quel giorno era il suo ventiseiesimo compleanno. Figlia di un pastore luterano, si era iscritta nel 1920 alla Facoltà di teologia protestante di Strasburgo, con altre tre giovani donne. La guerra e il dopoguerra, con la morte in battaglia e l’emigrazione di molti ministri, avevano portato a una penuria di pastori: nel 1920 ne mancavano 57. Qualcuno ricordò il detto di Lutero: Quando nessun uomo parla, le donne dovrebbero predicare. La lettura storico-critica della Bibbia consentiva di superare le classiche obiezioni letteraliste, riscoprendo la ricchezza dei ministeri femminili nel Nuovo Testamento.
Il Sinodo del 1926 propose l’apertura al pastorato delle donne. Non piena, però: non potevano essere pastori titolari né celebrare la Cena, e sino al 1965 si richiese il loro impegno a rimanere nubili. Poiché Bertsch era notoriamente fidanzata, molti pensavano che il suo ministero sarebbe stato di breve durata.
Sulla Quinzaine Protestante il pastore Jean-Daniel Benoît scrisse “il Sinodo ha ritenuto incompatibili la funzione ministeriale con quella di madre di famiglia, e noi auguriamo alla Signorina Bertsch un focolare felice e fecondo …”. Invece, Berthe Bertsch lasciò il fidanzato, dando a intendere di avere rinunciato al matrimonio per servire la Chiesa. Servì, molto apprezzata dalle sue comunità, per oltre quarant’anni, trovando anche il tempo di aiutare discretamente la Resistenza durante la Seconda guerra mondiale. Morì all’età di 84 anni a Strasburgo, e solo allora una nipote rivelò che il fidanzato, emigrato in Ungheria, pretendeva che Berthe lo seguisse là smettendo di lavorare. Con un discreto quanto deciso atto di disobbedienza, Berthe aveva scelto di essere operaia dell’Evangelo, piuttosto che angelo del focolare.