La libertà religiosa dell’islam può attendere

Deludente risposta della Sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro a un’interrogazione parlamentare sulla condizione giuridica dell’islam in Italia 

 

«Una risposta del tutto inadeguata – commenta Paolo Naso, già docente di Scienza politica alla Sapienza Università di Roma e coordinatore del Consiglio per l’islam – che non spiega perché il ministero dell’Interno abbia di fatto bloccato un lungo processo di confronto e dialogo teso a sciogliere i nodi che, sin qui, hanno reso impossibile il riconoscimento giuridico delle più numerose associazioni islamiche italiane e l’avvio di una trattativa in vista di un’intesa, come prevede l’articolo 8 della Costituzione. Le dimissioni unanimi, mie e dei membri del Consiglio che comprendeva alcuni dei più autorevoli studiosi dell’islam italiano e internazionale, sono state un atto dovuto di fronte all’immobilismo del Ministero che ha bloccato anche semplici programmi di formazione civica degli imam e di incontro con i giovani musulmani sui temi dell’integrazione e del dialogo religioso».

 

Il riferimento è alla risposta che la sottosegretaria agli Interni Wanda Ferro all’interrogazione proposta dall’onorevole Lia Quartapelle per conoscere «quali iniziative di competenza il Ministero intenda adottare per garantire il pluralismo religioso e promuovere una piena integrazione delle comunità musulmane e delle altre minoranze religiose presenti in Italia, in assenza di una regolare convocazione del consiglio per le relazioni con l’Islam o di altre strutture di dialogo interreligioso». La sottosegretaria Ferro nella sua missiva fa riferimento al «ruolo propulsivo del Ministero a tutela e promozione dell’esercizio della libertà religiosa» e comunica che «in merito alle richieste pendenti di riconoscimento giuridico degli enti islamici, l’Amministrazione ha ritenuto opportuno approfondire alcuni elementi dell’iter istruttorio».


«La risposta della Sottosegretaria Ferro – commenta il prof. Alessandro Ferrari, ordinario di Diritto ecclesiastico all’Università dell’Insubria e membro del Consiglio per l’islam – è evasiva e riduttiva dello stesso ruolo che il ministero dell’Interno potrebbe svolgere – come è accaduto in passato – relativamente alle facoltà garantite dall’art. 19 della Costituzione, a partire dalla questione dei luoghi di culto, punto centrale dell’esercizio del diritto di libertà religiosa. Ma ciò che è più grave e paradossale è che, nonostante il parere positivo del Consiglio di Stato in merito al riconoscimento giuridico dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia (UCOII), la Sottosegretaria, per conto del Ministro, abbia motivato il blocco della pratica adducendo l’esigenza di “ulteriori approfondimenti” nei confronti della più ampia e rappresentativa organizzazione islamica italiana. Di fronte a questa affermazione – conclude Ferrari – riteniamo che la risposta all’interrogazione appaia dilatoria se non persecutoria».