Chiamati e chiamate ad essere umili
Un giorno una parola – commento a Filippesi 2, 3
Quelli che onorano gli idoli vani allontanano da sé la grazia
Giona 2, 9
Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso
Filippesi 2, 3
Le origini della chiesa di Filippi sono narrate con gran ricchezza di particolari nel libro degli Atti degli apostoli al capitolo 16 (vv. 11-40). Nonostante si trovasse in prigione (o forse proprio per questo) a causa della sua fede, probabilmente a Roma attorno al 61 d.C., l’apostolo Paolo incoraggiava i cristiani di Filippi ai quali era molto affezionato – dal giorno in cui ricevettero l’Evangelo – a perseverare nonostante le difficoltà, a rimanere uniti, in armonia e a vivere nella gioia.
Le tre esortazioni qui enunciate, in merito alla condotta da tenere: “non fare nulla per spirito di parte”, “nulla per vanagloria” (con un pensiero già rivolto al successivo ritratto di Cristo, il quale si spogliò di ogni pretesa di gloria), “nulla cercando ciascuno il proprio interesse”, «sono esortazioni – scrive il teologo Paolo Ricca – che non sembrano avere nulla di eccelso, di eroico; sono l’abc di una vita comunitaria che intenda restare viva e significativa […] ma il fondamento di queste parole si trova nell’intero evento salvifico di Cristo con la sua glorificazione finale che coinvolge l’intera creazione» (P. Ricca, Alle radici della fede. Meditazioni bibliche, pp. 97-103).
Essere umili non significa sottovalutarci né svalutarci, ma avere un concetto sobrio di sé (Romani 12:3). Riconosciamo che siamo peccatori salvati per mezzo della grazia di Dio, ma allo stesso tempo sappiamo che siamo diventati figli, figlie suoi (Galati 4, 5-7). L’umiltà alla quale siamo chiamati nasce da Cristo che ci riconduce alla nostra creaturalità e ci guida, lui “mite e umile di cuore” nel cammino della nostra umanizzazione più autentica, insegnandoci a vivere rapporti di vera fraternità.
«Padre celeste! Qui fuori, nel mondo, uno è forte, l’altro è debole; il forte, chissà, insuperbisce della propria forza; il debole sospira e, ahimè, diventa invidioso. Ma qui, dentro la tua chiesa, tutti siamo deboli; qui, al tuo cospetto – Tu sei il potente, Tu solo sei forte» (Soren Kierkegaard). Amen.