Unhcr: continua ad aggravarsi la crisi umanitaria tra Libano e Siria

Pubblichiamo parte dei discorsi di Ivo Freijsen, rappresentante dell’Unhcr in Libano e di Gonzalo Vargas Llosa rappresentante in Siria, tenutisi in occasione del briefing stampa presso il Palazzo delle Nazioni di Ginevra e una dichiarazione di Marta Bernardini di Mediterranean Hope pubblicata dall’Agenzia stampa Sir

 

Libano

 

«Le ultime settimane – ha ricordato Ivo Freijsen – sono state le più letali e le più devastanti per il Libano e per la sua popolazione e questo da decenni a questa parte, con Israele che ha intensificato drasticamente gli attacchi aerei e le incursioni via terra, si aggravano le condizioni di vita. Una catastrofe umanitaria per i civili.

 

A due mesi dall’escalation delle ostilità in Libano, più di 3.500 persone sono state uccise, 15.000 ferite e si stima che 1,3 milioni di persone siano state colpite direttamente e sradicate dalle loro case. Le ostilità in corso hanno lacerato innumerevoli vite, creando sfide devastanti per la protezione e lasciando molti vulnerabili e in grave pericolo.

 

Sebbene oggi (venerdì 22 novembre, ndr) si celebri il giorno dell’indipendenza del Libano, la giornata è purtroppo oscurata da tristezza e ansia crescente. La situazione rimane altamente imprevedibile, lasciando sia i libanesi che i rifugiati nel Paese incerti e timorosi per la loro sicurezza e il loro futuro immediato.

 

Con il crollo delle temperature, temiamo che le condizioni umanitarie degli sfollati peggiorino. Il freddo e le forti piogge stanno aggravando la situazione di un numero enorme di persone vulnerabili, costrette a fuggire dalle loro case. Tra i loro bisogni più urgenti ci sono un riparo adeguato e l’assistenza invernale.

 

Dall’ottobre 2023, l’Unhcr è stata un’agenzia leader negli sforzi di soccorso delle Nazioni Unite, fornendo aiuti essenziali, riparo, protezione e altri servizi vitali a circa 450.000 persone, tra cui libanesi (70%) e rifugiati. Abbiamo migliorato i rifugi collettivi che ospitano gli sfollati e fornito coperte e vestiti caldi.

 

[…]

 

Tuttavia, è necessario un cessate il fuoco urgente per fermare la spirale di violenza. Esortiamo la comunità internazionale a sostenere il Libano e a fornire urgentemente i finanziamenti necessari per aiutare tutte le persone colpite, compresi coloro che sono fuggiti in Siria e altrove. Siamo grati per il sostegno che è stato rapidamente inviato dai donatori, ma abbiamo meno della metà dei fondi necessari per rispondere alle esigenze umanitarie immediate».

 

Siria

 

«Nelle ultime – ha detto Gonzalo Vargas Llosa – settimane oltre 557.000 persone hanno attraversato la Siria a causa della situazione letale in Libano. Nonostante gli attacchi e i danni causati dai bombardamenti aerei israeliani su alcuni valichi di frontiera e strade, le persone continuano a fuggire, principalmente a piedi, dai crescenti bombardamenti in Libano.

 

La maggior parte dei nuovi arrivati (80%) sono donne e bambini. Un numero impressionante di coloro che attraversano il confine (41%) è costituito da famiglie con a capo una donna. Alcuni arrivi, tra cui bambini e anziani, riportano ferite dovute al viaggio faticoso o ai bombardamenti. Molti hanno bisogno di assistenza d’emergenza, tra cui cibo, alloggio, assistenza sanitaria, assistenza legale e vestiti.

 

Gli attacchi aerei israeliani sono aumentati anche in Siria, mettendo in serio pericolo i civili, il personale e le strutture dell’Unhcr e dei partner e compromettendo la nostra capacità di fornire rapidamente assistenza alle persone che ne hanno disperatamente bisogno. Gli attacchi aerei in prossimità dei valichi di frontiera mettono a rischio la possibilità e il diritto delle persone di fuggire dal conflitto in Libano.

 

La settimana scorsa, un attacco aereo israeliano ha colpito Shamsin, vicino a un luogo dove i rifugiati libanesi si stavano radunando per ricevere assistenza. L’attacco ha causato ingenti danni materiali alla strada Damasco-Homs; fortunatamente non sono state segnalate vittime. L’Unhcr e altri partner sono stati costretti a sospendere le missioni ai punti di frontiera di Homs a seguito degli attacchi aerei israeliani nei pressi di Al-Qusair, vicino al valico di frontiera di Joussieh tra Siria e Libano, che hanno danneggiato diversi ponti e causato vittime. Dopo le valutazioni di sicurezza, le nostre missioni sono riprese il 18 novembre.

 

Molti dei siriani rientrati hanno manifestato l’intenzione di tornare nelle loro zone di origine, come Aleppo, Homs, Sweida e Tartous, mentre alcuni si stanno dirigendo verso il nord-ovest e il nord-est. Arrivano in comunità che sono state colpite dalla perdurante crisi siriana. Due persone su tre in Siria hanno bisogno di assistenza umanitaria e oltre 7 milioni sono ancora sfollati all’interno del Paese.

 

Vivono in condizioni di sovraffollamento in edifici e strutture spesso già danneggiati e in gran parte inadatti ad essere abitati. L’accesso limitato ad alloggi adeguati e sicuri è un problema che aumenta i rischi di protezione e l’esposizione all’inverno.

 

[…]

 

La situazione in Siria richiede più di una risposta di emergenza. Abbiamo bisogno di un approccio diverso, che affronti i bisogni umanitari immediati e al tempo stesso dia priorità alla costruzione della resilienza per ripristinare i mezzi di sussistenza e mettere le persone in condizione di diventare autosufficienti e contribuire a rendere sostenibile e dignitoso il ritorno dei rifugiati che hanno attraversato la frontiera».

 

Guarda il video Unhcr

https://media.unhcr.org/Share/h0678uih1qoipnuuvxy107l4q4011e13?utm_source=Klaviyo&utm_medium=campaign&_kx=-iHJBVJfnniwsSwpHPgTOERp8A3eltFmyCwH0GCGvIY.U4qgRF&FR_=1&W=1916&H=893

 

 

L’Unhcr si sta impegnando attivamente per ottenere un accesso equo ai rifugi per tutti gli sfollati, in particolare per i rifugiati che già prima di questa crisi si trovavano in una situazione di grave precarietà. «La nostra risposta di protezione – che comprende consulenza, sostegno alle comunità e creazione di spazi sicuri per le persone più a rischio – ha raggiunto oltre 100.000 persone in Libano, mentre la situazione in Siria – ricorda L’Unhcr – richiede più di una risposta di emergenza. Abbiamo bisogno di un approccio diverso, che affronti i bisogni umanitari immediati e al tempo stesso dia priorità alla costruzione della resilienza per ripristinare i mezzi di sussistenza e mettere le persone in condizione di diventare autosufficienti e contribuire a rendere sostenibile e dignitoso il ritorno dei rifugiati che hanno attraversato la frontiera».

 

 

Anche la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) con il suo programma rifugiati e migranti è da tempo impegnata in Libano, lo ha ricordato anche l’agenzia stampa Sir con la coordinatrice di Mediterranean Hope, Marta Bernardini: «Sospensione, paura, fuga, diffidenza. E a trovarsi in mezzo a questa situazione sono soprattutto le persone in fuga da guerre e povertà, che erano già a rischio e si ritrovano oggi ancora nel rischio».

 

Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope, ha raccontato al Sir l’altro “volto” degli attacchi israeliani in Libano, quello dei profughi siriani e palestinesi che avevano raggiunto il Libano in cerca di sicurezza ma che ora si ritrovano in situazione di emergenza e rischio.

 

«A loro – ha detto Bernardini – si aggiungono le migliaia di libanesi in fuga dal Sud del Paese o dai quartieri a rischio. Ed è il caos. Noi in Libano siamo andati per seguire il progetto dei Corridoi umanitari che insieme alla Tavola valdese e alla Comunità di Sant’Egidio, abbiamo storicamente per la prima volta avviato nel 2016. All’interno del progetto nasce Medical Hope, un’iniziativa di carattere sanitario che fornisce sostegno medico a tutte quelle persone, profughi ma anche locali in stato di necessità. La nostra base principale è nel quartiere di Geitawi, a sud di Beirut da cui poi chiaramente ci muoviamo in diverse altre aree del Libano, per seguire sia i profughi che poi viaggiano con i corridoi umanitari, sia in pazienti che seguiamo con Medical Hope. Chiaramente in questa fase di attacchi e evacuazione, è molto più difficile operare. I profughi rifugiati siriani, come storicamente quelli palestinesi, vivevano già in condizioni molto precarie. In questa fase lo sono ancora di più. Molte persone stanno lasciando le loro abitazioni di fortuna per cercare zone più sicure dove vivere. Ma questo flusso si unisce alle tantissime persone libanesi in movimento» […].