Esserci e non esserci, donne nella Resistenza
Il caso di Lucia Boetto Testori rievocato in un libro dalla figlia Ornella
Particolarmente coinvolgente è quando una figlia racconta la vita dei suoi genitori: in questo libro* è quella di una mamma straordinaria, Lucia Boetto Testori, che fu giovanissima protagonista della Resistenza nel Cuneese, non solo trasportando sulla sua bicicletta esplosivi, ma come “ufficiale-ispettore”, tenendo i collegamenti tra i partigiani e i dirigenti del Cln di Torino, e compiendo anche imprese rischiosissime con gli Alleati inglesi, paracadutati in aiuto degli “Autonomi” di Enrico Martini “Mauri”, per cui fu insignita di una medaglia di bronzo al Valor militare.
Ornella Testori – che nella sua professione si è occupata di biologia e medicina, in particolare quella nucleare, conducendo studi sulla tiroide – rievoca con precisione e anche humour le spericolate azioni di Lucia ragazza, non solo come le ha ascoltate dalla sua viva voce, ma approfondendole con una precisa documentazione, mentre un affresco che inquadra più propriamente gli avvenimenti è presentato nella prima parte del libro, in un’attenta e ampia ricerca della storica Bruna Bertolo e le prefazioni di Luciano Boccalatte e di Nino Boeti.
Fu Frida Malan che mi fece conoscere Lucia, che io vedevo sempre con lei, Bianca Guidetti Serra e Gisella Giambone nelle manifestazioni partigiane, in particolare quando erano invitate a qualche dibattito dai movimenti delle donne, e loro quattro rappresentavano concretamente l’ampio schieramento politico e ideologico della Resistenza: Frida, i “GL” nell’ala socialista, Bianca, quella azionista poi vicina al Pci, Gisella quella garibaldina derivante dal padre Eusebio, ucciso al Martinetto, e Lucia quella liberale degli “Autonomi”. A quel filone di pensiero si riferivano sia Lucia sia il marito Renato Testori – annota la figlia Ornella – e moltissimi antifascisti cuneesi che poi divennero partigiani nelle file degli Autonomi e di “Giustizia e Libertà”: «crociani ed einaudiani, un poco gobettiani», e giustamente polemizza con quella vulgata riduttiva della narrazione «Antifascismo-e Resistenza-solo comunista». Una vulgata, appunto, perché le ricostruzioni storiche fanno giustizia di questa «appropriazione indebita» – come la chiama Ornella – presentando invece un variegato quadro “plurale”.
Con questo intento io intervistai Lucia, nel mio libro dedicato alla vita vissuta di “testimoni della Resistenza”, in particolare delle valli valdesi, che mi onoro di aver conosciuto personalmente, costituendo un grande lascito per tutti (“… Eppur bisogna andar…”, Claudiana, 2006). Serbo il ricordo di una signora elegante, che conservava una serena bellezza, non scalfita dalle dure vicende patite, ma rievocate con misurata passione (l’eccidio di Boves, gli ebrei in fuga dalla Francia chiusi nei vagoni piombati come antefatti dolorosi e choccanti della sua “presa di coscienza”, la disfatta della IV Armata che si rovesciava nel Cuneese), e che raccontava straordinarie vicende, la più straordinaria di tutte quella della “bandiera del Corpo dei Volontari della Libertà” (che infatti dà il titolo all’intervista) che lei portò arrotolata intorno al corpo a Torino, perché doveva sfilare al corteo della Liberazione il 6 maggio 1945. Lucia non poté partecipare al corteo, pare perché il marito Renato Testori non la svegliò in tempo: la bandiera sfilò portata dal partigiano siciliano Vincenzo Modica, “Petralia”, che aveva l’altro braccio al collo, ferito.
Da questa significativa vicenda di “non esserci”, dopo tanto operare e rischiare, inizia simbolicamente quell’occultamento del ruolo delle donne nella Resistenza dal dopoguerra in poi, e l’allontanamento dalla vita politica per farne solo mogli e madri: ci è voluto il ruolo delle storiche femministe degli anni ’70-’80 per riscoprirle. E l’intervista si chiudeva con un amaro ricordo: tanti anni dopo, in una manifestazione del 25 Aprile, Lucia desiderava toccare la bandiera che aveva portato a rischio della vita, ma, decorata di medaglia al valore, la bandiera era scortata con tutti gli onori, e Lucia non poté avvicinarsi. Questo epilogo segna simbolicamente il percorso di tante donne oscure, dimenticate, che invece hanno combattuto “senza armi” come Lucia, per costruire il nostro presente: Senza il lavoro delle donne – ho sentito riconoscere da tanti partigiani – la Resistenza non avrebbe potuto sopravvivere.
* Bruna Bertolo e Ornella Testori, L’ufficiale in bicicletta. Torino, Neos, 2023, pp. 127, euro 17,00.