3 Ottobre. In dieci anni 30 mila morti nel Mediterraneo
Oltre alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) anche L’Unhcr, l’Oim e l’Unicef sono oggi presenti a Lampedusa per commemorare l’Undicesima Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza
Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza, anche Unhcr, Oim e Unicef commemorano l’Undicesimo anniversario del tragico naufragio al largo di Lampedusa e chiedono di «rafforzare il sistema di ricerca e soccorso nel Mediterraneo Centrale a livello europeo» perché, 2014 ad oggi, sono oltre 30.000 i migranti e i rifugiati che hanno perso la vita nel Mediterraneo, quasi 24.000 dei quali lungo la rotta del Mediterraneo Centrale. Questi, i dati resi noti dalle tre associazioni.
Oltre alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) oggi a Lampedusa ci sono anche l’Agenzia Onu per i Rifugiati, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, insieme per commemorare l’undicesima Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza, istituita per ricordare i 368 rifugiati e migranti morti nel tragico naufragio al largo di Lampedusa del 3 ottobre 2013.
«Negli ultimi undici anni – ricordano le tre organizzazioni – sono oltre 30.000 le vittime registrate dal 2014 ad oggi, di cui quasi 24.000 lungo la rotta del Mediterraneo centrale, che si conferma come una delle rotte più pericolose a livello globale. Solo nel 2024, già oltre 1.229 persone hanno perso la vita lungo questa rotta. Tra loro molte persone di minore età, tra cui neonati e bambini e adolescenti che viaggiano da soli, senza figure adulte di riferimento».
Molte delle persone che affrontano questi viaggi, si legge ancora nel comunicato stampa, «sono in fuga da conflitti, povertà estrema, discriminazioni e violenze subite nei paesi di transito o di prima destinazione, ma anche dall’impatto devastante dei cambiamenti climatici. Tentano la traversata partendo dalla Tunisia a bordo di barchini di ferro, o con pescherecci dalla Libia, imbarcazioni sempre inadatte alla navigazione ed estremamente pericolose».
Tragedie evitabili, affermano Unhcr, Oim e Unicef, ribadendo con forza la necessità di fornire risposte significative non più rimandabili: «Salvare vite umane – chiosano – non è un’opzione. È un obbligo legale. È un imperativo morale: sollecitiamo sforzi ulteriori a livello europeo per rafforzare la cooperazione in operazioni coordinate di ricerca e soccorso a supporto del prezioso lavoro salvavita della Guardia Costiera italiana in uno spirito di condivisione delle responsabilità e solidarietà tra i paesi di primo approdo. Esortiamo inoltre gli Stati ad ampliare percorsi sicuri e regolari come i corridoi umanitari, universitari e lavorativi, le evacuazioni di emergenza ed il programma di reinsediamento per chi cerca protezione e asilo, per le persone più vulnerabili, o per chi desidera ricongiungersi con i propri familiari, al fine di ridurre la dipendenza dalle pericolose traversate via mare in mano a trafficanti senza scrupoli».