Svizzera, legge contro le “terapie di conversione” nel cantone di Vaud
Il Gran Consiglio approva una modifica per vietare pratiche volte a modificare o reprimere l’orientamento affettivo e sessuale o l’identità di genere
Dopo un paio di settimane dall’inizio dell’esame in seconda lettura, martedì 17 settembre il Gran Consiglio (Parlamento) del cantone svizzero di Vaud ha approvato una modifica della legge sulla salute pubblica, inserendo «il divieto di pratiche volte a modificare o reprimere l’orientamento affettivo e sessuale o l’identità di genere».
Va quindi ad aggiungersi a Neuchâtel (il primo, nel maggio 2023), al Valais e a Friburgo, che hanno già adottato leggi simili nei mesi scorsi; nel maggio 2023 anche il Consiglio di Stato di Ginevra aveva depositato un progetto di legge presso il Gran Consiglio.
Sono previste multe per chi, in ambito sanitario, religioso ma anche familiare, metta in campo o anche solo promuova queste pratiche, impiegate soprattutto per “guarire” l’omosessualità.
Pratiche che, ricordiamo, hanno cominciato a diffondersi negli Usa alla fine degli anni Settanta (dopo la rimozione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali; a livello mondiale l’Oms lo ha fatto solo nel 1990), per arrivare in Europa negli anni Duemila. Valutate da alcuni (per esempio l’Onu) come veri atti di tortura, mescolano, si legge nelle ragioni del progetto di legge elaborato dal Consiglio di Stato di Vaud nel luglio 2022, riferimenti religiosi e correnti psicoterapeutiche diverse.
L’iniziativa era partita dal deputato socialista Julien Eggenberger nel 2021 e la nuova legge è passata senza opposizioni aperte, seppur dopo molte discussioni; ci sono però ancora alcune questioni, come emerso durante il dibattito, soprattutto in merito ad alcune eccezioni e casi particolari, per esempio la distinzione tra “terapie di conversione” e “terapie di transizione”.
È infatti passato, nonostante l’opposizione della sinistra, che ha denotato il rischio di confusione con altri articoli e quindi di interpretazione, oltre ad accusare di paternalismo e moralismo un testo che (secondo loro) infantilizza le persone, un emendamento che specifica che non è punibile chi consiglia «cautela e riflessione» a una persona che sta prendendo in considerazione un trattamento ormonale o chirurgico, soprattutto in età molto giovane. Medici, insegnanti o familiari possono dunque esortare i/le giovani a essere prudenti soprattutto in un momento della vita «caratterizzato dalla messa in discussione dell’identità» e metterli in guardia sulle conseguenze di questi trattamenti.