Accordo Italia-Albania: «Gravi rischi per le persone migranti»

L’International Rescue Committee: «I decisori politici riconoscano i gravi pericoli connessi all’approccio italiano al tema migratorio»

 

In vista dell’apertura dei primi centri di detenzione italiani in Albania prevista per il 1° agosto 2024, l’International Rescue Committee (IRC) (organizzazione nata su ispirazione di Albert Einstein nel 1933 che lavora per aiutare le persone le cui vite e i cui mezzi di sussistenza sono stati compromessi da conflitti e disastri a sopravvivere, risollevarsi e riprendere il controllo del proprio futuro).segnala i rischi associati a questa iniziativa ed esorta l’UE e i suoi Stati membri a non utilizzare questo pericoloso modello come esempio di approccio all’asilo e alla migrazione.
IRC ha sollevato diverse preoccupazioni sull’accordo firmato dall’Italia, che prevede che le persone salvate in mare dalle navi italiane vengano trasferite in centri di detenzione de facto in Albania, avvertendo che questo approccio è “costoso, crudele e controproducente” e rischia di spingere le persone che sono alla ricerca di salvezza a percorrere rotte ancora più pericolose.
Sulla base a questo accordo, l’Italia prevede di inviare fino a 36.000 persone all’anno nei centri in Albania per esaminare le loro richieste di asilo. Il governo ha dichiarato che “minori, donne incinte e altre persone vulnerabili” non saranno trasferite in Albania, ma al momento non ci sono garanzie o procedure di salvaguardia per identificare questi gruppi e assicurare che siano esentate da questi trasferimenti.
Flaminia Delle Cese,  Legal and Advocacy Advisor per IRC Italia, afferma che «I centri italiani per richiedenti asilo in Albania non dovrebbero esistere. Trasferire le persone in centri chiusi lontano dal territorio dell’Unione europea mette a rischio il diritto umano fondamentale di chiedere asilo, detenendo di fatto le persone che cercano di trovare protezione e un rifugio sicuro.
C’è ancora molta incertezza su come verranno identificate le persone più vulnerabili, che in teoria non dovrebbero essere collocate in questi centri. Le persone sopravvissute alla tratta o alla tortura, i minori non accompagnati o le persone con disabilità sono tra i molti individui con vulnerabilità che potrebbero non essere immediatamente individuabili. Temiamo che questa iniziativa sia destinata a portare a una situazione in cui grandi gruppi di persone bisognose trascorrano lunghi periodi di detenzione senza avere accesso a un’assistenza specializzata e senza poter esercitare i propri diritti.
Le organizzazioni internazionali e gli enti di monitoraggio dei diritti umani dovrebbero avere libero accesso ai centri per monitorare la situazione e garantire che le persone richiedenti asilo abbiano accesso a internet, alle informazioni e all’assistenza legale in presenza. È essenziale trovare soluzioni umane e sostenibili che proteggano le persone che chiedono asilo rispettando i loro diritti».
Marta Welander, EU Advocacy Director, ha aggiunto:  «L’apertura di questi centri in Albania non è una buona notizia: è un passo nella direzione completamente sbagliata, lontano da un’Europa che sostiene il diritto d’asilo e verso una sofferenza ancora maggiore alle frontiere dell’UE. Sappiamo che queste politiche di deterrenza non impediscono alle persone di rischiare la vita per raggiungere la salvezza in Europa. Mentre il numero di persone che hanno attraversato il Mediterraneo centrale per raggiungere l’Italia è diminuito nel primo trimestre del 2024, il numero totale delle persone che hanno tentato di raggiungere l’Europa attraverso altre rotte marittime è aumentato. Queste iniziative non impediscono alle persone di cercare protezione, ma le spingono solo a intraprendere viaggi più pericolosi.
Al principio del nuovo mandato quinquennale dell’UE, è fondamentale che i decisori politici riconoscano i gravi pericoli connessi all’approccio italiano, anziché utilizzare quest’ultimo come modello per le future politiche di asilo degli altri paesi appartenenti all’Unione. IRC chiede invece all’UE e a tutti i suoi Stati membri di sostenere il diritto fondamentale all’asilo, di lavorare insieme per ricollocare le persone in luoghi diversi dagli Stati più meridionali d’Europa e di aumentare le rotte sicure a disposizione in modo che le persone non siano costrette a rischiare la vita in viaggi pericolosi».