Una pedagogia agita più che dichiarata

Alla ricerca delle “pedagogie protestanti” nell’ultimo libro di Bruna Peyrot che sarà presentato venerdì a Pralibro

 

Pedagogia protestante, pedagogie protestanti, o approcci protestanti alla pedagogia? Chi conosce questo mondo non si stupirà del plurale del titolo, rispondente alla varietà delle chiese nate direttamente o indirettamente dalla Riforma. Ma è possibile identificare un “carattere protestante” che accomuni così tante linee di pensiero attraverso cinque secoli? Un’indicazione si trova a p. 101, dove l’autrice di questo libro* scrive che «una caratteristica peculiare del pensiero pedagogico protestante [è che] non si presenta mai in quanto tale. Si propone piuttosto nel pensiero di personalità che hanno ricevuto un imprinting protestante e lo restituiscono al pensare sociale in modo laico. In altre parole la pedagogia protestante sembra apparire porosa e spruzzante: porta i suoi semi un po’ qua e un po’ là. E prende forma in progetti utopistici forieri di valori nuovi».

 

Quindi forse è più giusto parlare d’un approccio protestante alla pedagogia, di una pedagogia “agita” più che detta (p. 214), è la conclusione dell’autrice, che crea un humus che costituisce le basi della cultura europea moderna: autonomia e pensiero critico, atteggiamento democratico; responsabilità personale, sociale e civile del credente come cittadino; tolleranza e convivenza delle diversità.

 

Il saggio, nelle sue poco più di 200 pagine delinea in modo chiaro (ma anche molto denso, ogni paragrafo ne aprirebbe altri!) una mappa europea ricca e complessa della storia della “pedagogia”, prima ancora che fosse identificata come disciplina autonoma, cercando di individuarne il contributo protestante, anche se non mancano i confronti con il mondo cattolico. Molti pensatori, nei primi secoli presi in esame, non scrissero opere pedagogiche in senso stretto, perché appunto la pedagogia era un aspetto della teologia o della filosofia, e altrettanto bene possiamo intrecciarla, a posteriori, come emerge chiaramente in tutto il saggio, con la scienza politica, la storia sociale, la psicologia. Inoltre è interessante compiere questo viaggio nel pensiero occidentale con un occhio alla connotazione protestante degli autori: un dato spesso trascurato, che invece è rilevante nella formazione del pensiero: essere un figlio di pastore, oppure un gesuita, non è certo la stessa cosa!

 

Vengono quindi tratteggiati con rapidi ma puntuali excursus, i profili di alcuni grandi pensatori – teologi, filosofi, scrittori, educatori – europei, a partire da Lutero, e poi Comenio, Rousseau, Pestalozzi, e, soprattutto per il primo periodo, le citazioni sono illuminanti per cogliere la modernità di pensiero di questi autori. Questa prima parte, che va dal Cinquecento al Settecento, getta le basi per il discorso successivo, ed è non a caso intitolata “La persona ideata”, espressione ripresa anche nel sottotitolo del volume.

 

La seconda metà del libro, divisa in due parti, è concentrata sugli ultimi due secoli, in cui la scienza pedagogica assume un ruolo più definito, anche perché è l’oggetto stesso della pedagogia in senso stretto, l’educazione dei bambini (ma, per estensione, anche delle classi popolari analfabete), a diventare centrale nel dibattito intellettuale, politico, sociale e, prima ancora, vista la nostra prospettiva, religioso.

 

Non può quindi mancare il capitolo dedicato ai protagonisti della “campagna educativa” ottocentesca in Italia (Enrico Mayer, Matilde Calandrini, Giuseppe Comandi, Piero Guicciardini) e tutta la folla di maestre, maestri, colportori, impossibile da nominare, ma doverosamente ricordata, che incarnarono la sfida risorgimentale di formare un popolo istruendolo. Una sfida che, in un altro contesto ma riprendendo le lezioni precedenti, riguarda anche il Novecento, per esempio con l’interessante esperienza dell’Associazione insegnanti cristiani evangelici (Aice), nata nel 1949 a Torre Pellice.

 

Nel corso di tutta la “storia pedagogica” tratteggiata dal libro (culminata con i “mostri sacri” Piaget e Dewey) si combinano, variamente miscelati, tre elementi: la definizione del soggetto umano (per buona parte della storia nella contrapposizione buono/cattivo); le regole e i contesti della socializzazione; la trasmissione dei “saperi”. Lo sguardo globale su questa materia così complessa fornito dal libro aiuta certamente a capire “da dove veniamo”, ma anche “dove vogliamo andare”, e il capitolo finale getta appunto lo sguardo al presente e al futuro, in cui le sfide della storia, dell’educazione e della democrazia ancora ci accompagnano.

 

Il volume sarà presentato venerdì 26 luglio alle 18,30 nel tempio valdese di Prali, all’interno della rassegna «Pralibro».

 

* B. Peyrot, Pedagogie protestanti. Dalla persona ideata alla cittadinanza costruita. Torino, Claudiana, 2024, pp. 232, euro 24,00.