Credere con il cuore e confessare con la bocca
Un giorno un a parola – commento a Romani 10, 10
Ascoltatemi, o gente dal cuore ostinato, che siete lontani dalla giustizia! Io faccio avvicinare la mia giustizia; essa non è lontana
Isaia 46, 12-13
Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati
Romani 10, 10
In questa sezione della lettera ai Romani, l’apostolo Paolo contrappone la via della fede a quella delle opere, attraverso una serie di citazioni dell’Antico Testamento che culminano con Deuteronomio 30, 14: «La parola è vicino a te, nella tua bocca e nel tuo cuore» (cfr. il v. 8). L’apostolo «ne fa una parola che concerne la giustizia che viene dalla fede, cioè l’opera di Cristo, cuore della legge: essa, dice, è molto vicina a noi e quindi a nostra portata; non c’è da percorrere i cieli o l’abisso per poterla trovare ed eseguire, poiché Dio stesso ha compiuto queste meraviglie nel Figlio suo… Da quando il Cristo è intervenuto nella nostra storia, questa parola è vicina a noi, nella nostra bocca e nel nostro cuore» (Daniel Attinger, Lettera ai Romani, edizioni Qiqajon/Bose 2013, pag. 239). Attinger osserva che Paolo omette, da Deuteronomio, la fine del versetto, «perché tu la metta in pratica»: infatti «non c’è più qualcosa da fare, ma una parola da ascoltare e da credere; occorre solo accogliere l’iniziativa di Dio, lasciandosi amare da lui».
Ma se «questa è la parola della fede che noi annunziamo» (v. 8), oltre che credere ad essa noi dobbiamo anche confessarla: «se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato», v. 9; il nostro versetto ripete lo stesso concetto in ordine inverso: prima la fede per ottenere la giustificazione e poi la confessione per essere salvati. In ogni caso, i due aspetti non vanno separati: «il credere e il confessare sono inscindibili, come la giustificazione e la salvezza» (Bruno Corsani, in Nuovo Testamento annotato, Claudiana 1974, vol. III, pag. 57). Purtroppo, oggi non sempre riusciamo a cogliere questo nesso imprescindibile: forse ci è facile «credere con il cuore», ma l’individualismo che regna nella società e nella chiesa ci rende spesso restii a confessare pubblicamente la nostra fede, che viene così ridotta a scelta privata, intimistica. Siamo così lontani da quella «chiesa confessante» che 90 anni fa, con la Dichiarazione di Barmen, seppe opporsi all’idolatria nazista. Amen.