Frane in Papua Nuova Guinea, almeno 2000 morti

Catastrofe umanitaria nello Stato del continente oceanico. L’impegno delle chiese

 

Si teme che almeno 2.000 persone siano morte dopo che un’improvvisa frana ha travolto sei villaggi in una zona remota della Papua Nuova Guinea nelle prime ore dello scorso venerdì mattina 24 maggio, provocando «un’immensa devastazione».

 

Ora si temono nuovi smottamenti e si stanno evacuando le zone vicine. La caduta delle rocce ha reso difficile l’accesso all’area per le squadre di soccorso. Funzionari governativi suggeriscono che è improbabile che venga trovato qualche sopravvissuto.

 

Media locali riferiscono che un villaggio, Tulipari, sia stato completamente distrutto. A causa della lontananza e delle comunicazioni limitate, «la reale portata del disastro rimane poco chiara», ha affermato l’organizzazione benefica World Vision che ha una squadra di operatori presenti nella zona.

 

World Vision è un’organizzazione umanitaria indipendente di ispirazione cristiana, che si impegna da 70 anni a sconfiggere le cause della povertà e dell’esclusione sociale. Con oltre 44 mila collaboratori in 99 paesi del mondo, World Vision assiste quotidianamente più di 41 milioni di bambini e 3,3 milioni nei programmi di sostegno a distanza.

 

La frana è stata causata dal distacco di una parte di una montagna calcarea nel cuore della notte dopo forti piogge. I primi rapporti suggeriscono che almeno 150 case e altri edifici, come le scuole, sono stati spazzati via. Inizialmente le Nazioni Unite stimavano 670 morti, ma da allora i funzionari governativi hanno fissato un bilancio molto più alto, pari a 2000.

 

Il direttore nazionale di World Vision Papua Nuova Guinea, Chris Jensen, ha dichiarato mercoledì: «La portata della devastazione è immensa e la popolazione è in uno stato di profondo shock e dolore. I nostri team sono profondamente commossi dalla resilienza e dalla forza delle comunità colpite. Abbiamo un disperato bisogno di una risposta umanitaria urgente. I bambini e le famiglie sono costretti a vivere in aree aperte con ripari inadeguati. I rischi che devono affrontare a causa del freddo e delle condizioni igieniche sono profondamente preoccupanti».

Il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) ha affermato che la popolazione nella zona remota è prevalentemente giovane e che «le autorità temono che molte delle vittime siano bambini sotto i 15 anni». Il segretario generale del Cec, il pastore Jerry Pillay, ha detto questa settimana: «Preghiamo per le persone che hanno urgente bisogno, per coloro che hanno perso i propri cari e per coloro che devono affrontare una lunga ripresa da questo terribile disastro. Non siete dimenticati. Siete figli di Dio tenuti in preghiera dalla vostra famiglia ecumenica globale».

 

Anche l’agenzia umanitaria cattolica romana Caritas Australia ha inviato nella zona una squadra umanitaria per sostenere le persone che hanno perso la casa a causa della frana. Acqua pulita, cibo e alloggi sono priorità urgenti.

 

Papa Francesco è tra i leader della Chiesa ad aver inviato un messaggio di cordoglio e di preghiere. Il paese ospita circa dieci milioni di persone, circa un quarto delle quali sono cattoliche. A settembre Francesco visiterà l’Indonesia, la Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore.

 

 

Foto di World Vision