Una «Casa del libro» a Torino?
È acceso il dibattito sui giornali e fra i politici regionali sulla necessità di uno spazio museale integrato a ricerca e formazione per le professioni del libro e della lettura
Nel 2009, in un articolo su The Quarterly Journal of Economics, due economisti della cultura, Sascha O. Becker e Ludger Woessmann, scrissero che la tesi del sociologo Max Weber su protestantesimo, etica del lavoro e spirito del capitalismo andava corretta.
Alla base dell’intraprendenza protestante vi è infatti l’istruzione e la propensione allo studio e alla lettura che anche nei secoli passati portò alcune aree d’Europa, intorno a Wittenberg, a raggiungere un alto tasso di alfabetizzazione, pari al 90% della popolazione, e ciò significava un investimento duraturo nel “capitale umano e culturale”, come direbbe il sociologo Pierre Bourdieu.
Tale correlazione tra religione e cultura, nel XXI secolo, comporta un’apertura alla conoscenza che i protestanti da allora cercano di coltivare varie forme. Perché i libri ormai hanno diversi formati e i modi di leggere e di informarsi sono plurali, a seconda degli interessi, dell’età, del genere (le donne sono lettrici più forti), delle abitudini/gusti di lettura. Questa diversificazione è importante anche nella divulgazione della ricerca storica, che si avvale sempre più delle nuove tecnologie e della digitalizzazione del patrimonio culturale, senza tralasciare le comunità di riferimento che sono a loro volta realtà intersezionali e intergenerazionali. È un dibattito interdisciplinare e trasversale a diverse tematiche che si intrecciano sempre più con le questioni del nostro tempo.
Il Coordinamento degli istituti culturali del Piemonte, a cui partecipa la Società di Studi Valdesi, ha convocato sul tema cultura, nella sede di Istoreto a Torino (15 e 21 maggio), i candidati alle prossime elezioni regionali: Gianna Pentenero, Sarah Disabato e Alberto Cirio. Scopo principale degli incontri, che si verificano periodicamente, è ragionare intorno alla legge regionale (n. 11/2018 Disposizioni coordinate in materia di cultura – programma triennale) per garantire che, indipendentemente dalla coalizione che vincerà le elezioni, si potrà migliorarne l’applicazione, soprattutto per agevolare l’accesso ai bandi da parte di istituti piccoli che non possono anticipare i fondi che vengono rendicontati solo a fine progetto. In breve, si è ragionato intorno alla sostenibilità degli istituti culturali che rappresentano la storia regionale e nazionale, attivi sul fronte della divulgazione storica e sociale, soprattutto con le università, le scuole e le nuove generazioni. E si è molto riflettuto sulla necessità di fare rete e di co-progettare anche per attingere ai finanziamenti europei.
I candidati hanno offerto rassicurazioni sulla concordia istituzionale tra Regione e Comune di Torino ma è emerso anche il tema – molto dibattuto su La Stampa nei giorni successivi al Salone del libro – della necessità di una ‘Casa del libro’ a Torino, uno spazio museale integrato a ricerca e formazione per le professioni del libro e della lettura. Si è cioè parlato di uno hub complementare rispetto alle realtà esistenti, diverso dalla nuova Biblioteca civica centrale e diverso dal Circolo dei lettori che continuerebbe la sua funzione di dibattito culturale.
Si tratta invece di allargare le iniziative durante tutto l’anno, per rivolgersi a pubblici sempre diversi, dagli studiosi ai nuovi cittadini, dagli studenti ai ricercatori, dai giovani agli anziani come già molti istituti culturali fanno spesso su base volontaristica. Ad esempio, intorno al 23 aprile – giornata internazionale del libro e del diritto d’autore – durante l’iniziativa ‘Torino che legge’ promossa dal Forum del libro con le biblioteche civiche torinesi, cui alcuni istituti culturali partecipano, si sperimenta un modello di collaborazione intersettoriale che andrebbe proposto su scala nazionale.
Anche in Piemonte tale iniziativa va però messa a sistema, con finanziamenti annuali certi, in modo da garantire continuità al lavoro di tanti studiosi, bibliotecari, insegnanti, librai e operatori culturali. Le iniziative che potrebbero nascere in una nuova Casa del libro sono molte, da programmi di formazione professionale a una scuola nazionale di promozione e educazione alla lettura.
Ciò che manca però in Italia è un museo del libro che ne racconti la nascita e la diffusione ma anche le tante trasformazioni che ne hanno modificato le modalità di utilizzo per (ri)affermare il valore della lettura per lo sviluppo del paese. Uno studioso inglese come John Thompson, nel suo libro ‘Book wars’ (Polity Press 2021) parla di un capovolgimento di prospettiva in senso “reader centric” che porterà i libri nel XXI secolo e oltre.
Una Casa del libro a Torino sarebbe più che auspicabile, considerata la storia del protestantesimo nelle valli valdesi e quella della scolarizzazione in Piemonte. A patto che si illustri anche la (difficile) circolazione dei libri a causa della censura fino a metà Ottocento e non solo la produzione di libri da parte di case editrici, stampatori, librai ecc. Si racconti cioè la storia del libro anche dal punto di vista della fruizione, sempre più digitale.
Nella foto il rendering della nuova biblioteca centrale di Torino