Un nuovo ministero per una nuova chiesa?
Il 12° Sinodo nazionale della Chiesa protestante unita di Francia ha discusso sulla creazione di nuovi ministeri per rispondere alle vocazioni e alle comunità
Il Sinodo nazionale, massimo organo della Chiesa protestante unita di Francia (Epudf), riunitosi al Palais du commerce et de la mer di Tolone dall’8 all’11 maggio, ha affrontato il tema “Missione della chiesa e ministeri”, su cui le chiese, a livello locale e regionale, hanno lavorato negli ultimi tre anni, portando qui le proprie istanze.
Duecento delegati (105 deliberativi e un centinaio consultivi) da tutta la Francia, per decidere gli orientamenti della vita di questa chiesa, nata nel 2012 dall’unione della Chiesa riformata di Francia e della Chiesa evangelica luterana di Francia, che oggi conta 400 chiese locali (900 luoghi di culto), 10.000 animatori e responsabili, 400 pastori (il 40% donne), 200.000 praticanti e 400.000 persone che ne utilizzano i servizi.
Una sessione importante, da cui sono emersi tre orientamenti: vivere in una prospettiva missionaria accompagnando i luoghi di vita della Chiesa in modo adatto; favorire la testimonianza con ministeri adeguati, tra cui un nuovo “ministero particolare”; rinnovare la formazione per tutti creando strutture adatte e aggiornando la formazione, iniziale e permanente, dei pastori.
Attualmente, oltre ai pastori e ai professori, non sono previsti altri ministeri: prima della nascita dell’Epudf c’era la figura del diacono, che però non esiste più. Come ha spiegato la presidente del Consiglio dell’Epudf, la pastora Emmanuelle Seyboldt, ai microfoni di RCF, «da alcuni anni si è cominciato a discutere sulla creazione di nuovi ministeri per fare in modo che le persone che vogliono mettere i propri doni al servizio della chiesa, ma per diversi motivi non intendono seguire il percorso di formazione teologica pastorale (perché non intendono fare i pastori, o perché hanno già un passato lavorativo), possano farlo. La sfida per noi, è costruire il quadro in cui poter cogliere i carismi e le competenze di queste persone: il nostro Sinodo ha discusso (e approvato) il principio generale, ora dobbiamo lavorare per metterlo in opera».
Si tratta quindi di rispondere a un bisogno dei “laici”, a un’“offerta” che faticava a trovare uno spazio? Risponde Seyboldt: «Abbiamo da una parte la disponibilità di queste persone impegnate nella chiesa, che per praticità chiamiamo laici (ma anche i pastori lo sono), e dall’altra le situazioni e i bisogni particolari di alcune chiese locali. In 50 anni le cose sono cambiate molto, molti membri arrivano da altri “background”, anche non cristiani (ed è praticamente impossibile tracciare o categorizzare questi percorsi), per accompagnarli ci vogliono quindi competenze diverse (comunicazione, animazione, musica…) da quelle che attualmente hanno i pastori, che magari si sono formati qualche decennio fa…».
Anche la provenienza dei pastori è cambiata moltissimo, ricorda la presidente, ci sono sempre più persone che, giunte a un certo punto della loro vita lavorativa, decidono di mettersi al servizio della chiesa: «I numeri sono molto significativi: il 94% delle persone che si avvicinano al pastorato hanno già esercitato un altro mestiere, quindi hanno delle competenze maturate in altri ambiti. Ad un certo punto si rendono conto che nelle loro vite professionali manca qualcosa, oppure vogliono concentrarsi su cose più essenziali…».
Naturalmente nel loro caso il percorso formativo è diverso, si comincia con uno studio a distanza, e poi ci si concentra su un periodo in presenza, e lo stesso concetto di formazione ad hoc, focalizzato sulle competenze pregresse e sui compiti che si andranno a svolgere, sarà previsto per questi nuovi ministeri che, come spiega il pastore Etienne Berthomier, membro dell’équipe che prepara e organizza i lavori del Sinodo nazionale, saranno definiti “particolari” (distinguendoli da quello “generalista” del pastore), e potranno essere «di tipo diaconale, con funzione “sociale”, oppure evangelistico-missionario, educativo, di animazione. La lista è lunga e non definita, dipenderà dalle necessità delle chiese e dai talenti delle persone a disposizione».