L’attualità di Giobbe da riscoprire nelle nostre chiese

Il libro di Paolo Ribet che raccoglie per la Claudiana il lavoro di un gruppo di studio biblico

 

La lettura del testo di Paolo Ribet* si presenta agevole e snella: l’autore ripercorre tutto il libro di Giobbe suddividendolo per momenti e tematiche, proponendo riflessioni relative a ogni capitolo; questo approccio permette una comprensione semplice di un testo difficile sia per l’argomento di cui tratta sia per lo sviluppo dell’intera vicenda.

 

Uno dei punti centrali individuati dall’autore è che Giobbe non è ebreo: la sua esperienza può quindi varcare i confini del popolo eletto e ognuno può in qualche modo confrontare questa storia, sentirla vicina per quanto riguarda l’esperienza del male e della sofferenza, nonché la domanda profonda che ne scaturisce, proprio perché tutti sperimentiamo l’azione del dolore nelle nostre vite: Giobbe, insomma, può essere ognuno di noi.

 

Dall’analisi dell’autore (il libro è frutto di uno studio biblico dedicato al tema in questione – chiesa valdese di Aosta, 2021), quindi ne sono rielaborati pensieri e considerazioni collegiali) emerge chiaramente come Giobbe mantenga una costante relazione con Dio innanzitutto – interessante notare che della relazione fanno parte anche i silenzi e le attese –; e poi una relazione con la moglie e con gli amici, anche questa in alcuni momenti conflittuale. Questo ci insegna che non siamo soli nel rapporto con Dio ma necessariamente in comunione con gli altri e che dobbiamo accettare e affrontare le divergenze e le incomprensioni.

 

Il libro, con una domanda insolita, vuole interrogare il lettore sul tipo di rapporto che intercorre tra l’uomo e Dio; il filo rosso che percorre il testo è: l’essere umano e Dio possano fondare reciprocamente la loro relazione sull’amore gratuito, senza cioè un secondo fine? Possono scalfire la tentazione di Satana e non tradire la reciproca fiducia? E qui si introduce un’altra figura, quella di Satana. Molte sono le domande che possono sorgere: quale rapporto c’è tra Dio e Satana; quale motivo ha scaturito questa strana scommessa; perché viene coinvolto l’uomo? Forse, per rendere più completo il libro, si sarebbero dovuti approfondire questi aspetti.

 

Giobbe arriva a costruire la sua fede attraverso un percorso di domanda a Dio, di ascolto, di comprensione, infine, del senso della creazione e quindi anche di sé: gli viene svelato che Dio sostiene ciò che ha creato in un intreccio continuo di bene e male, di razionale e irrazionale, di compiuto e incompiuto, tuttavia non viene spiegato il perché. Giobbe riesce così a ridimensionare sé stesso e il suo, seppur grande, dolore. L’insegnamento di questa vicenda può essere un invito a lasciare il nostro egocentrismo per guardare oltre noi. Certamente, però, è necessario evidenziare che l’uomo Giobbe non è sullo stesso piano di Dio e neppure di quello di Satana: egli ha bisogno della rivelazione da parte di Dio poiché egli è creatura tra le creature.

 

Ecco che si snoda, lungo tutto il libro, il tema dell’onnipotenza di Dio, altro vero fulcro su cui ruota il testo. L’autore sottolinea e valorizza il pensiero teologico liberale, secondo cui questo attributo di Dio è da ritenersi più debole rispetto al passato; ciò è sicuramente il risultato dell’evoluzione del pensiero umano passato attraverso l’Illuminismo e il Positivismo, e non da ultimo dal fenomeno della secolarizzazione. Tuttavia, come ricordato dallo stesso autore, Dio infine risponde a Giobbe in un modo che non ammette molte repliche o congetture: «Chi è costui che oscura i miei disegni con parole prive di senno? (…) Dov’eri tu quando io fondavo la terra? Dillo, se hai tanta intelligenza» (Gb 38, 2-4). Giobbe, e noi con lui, solo così possiamo rispondere: «Ecco, io sono troppo meschino. Che ti potrei rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non riprenderò la parola…» (40, 4-5).

 

Questi spunti sono utili in quanto ci consentono di interrogarci sul perché abbiamo così bisogno di rivedere l’onnipotenza di Dio e quindi la nostra posizione rispetto a Lui. Come insegnava con il suo tipico rigore Calvino, o come sosteneva più persuasivamente Lutero, è un bene per l’uomo non indagare le cose divine oltre un certo limite. Oggi, nel tempo fluido, instabile, in cui dominano la vanità e il carattere mondano del vivere, in cui il male dilaga e inquina più velocemente rispetto al passato, in cui il dolore più grande, declinato in varie forme, è la solitudine, credo che sapere la propria vita nelle mani di Dio, nella gioia e nel dolore, sia molto confortante. Mi auguro che questo testo possa diventare un’occasione di discussione all’interno delle nostre chiese, per riscoprire tutta l’attualità del libro di Giobbe.

 

* Paolo Ribet, Lottando insieme a Giobbe. Torino, Claudiana, 2024, pp. 188, euro 18,00