Per un’Europa pienamente democratica

Un libro collettivo, con contributi di quattro autrici che davvero credono nelle potenzialità del Continente

 

Giovedì 9 maggio in occasione della “Festa dell’Europa”, alle ore 21 al tempio valdese di via dei Mille a Pinerolo (To) si terrà la presentazione del volume “L’Europa senza retorica”, scritto dalla docente di Storia contemporanea dell’Università di Torino Barbara Curli.

In dialogo con l’autrice intervengono l’assessore alla cultura del Comune di Pinerolo Franco Milanesi, la scrittrice Graziella Bonansea e Michele Vellano, docente di Diritto dell’Unione Europea presso l’ateneo torinese. Quella che segue è la recensione del libro.

 

In questi mesi, parlare di Europa significa soffermarsi sulla necessità di riformare alcuni aspetti dell’Unione europea che ne hanno costituito la filosofia iniziale e cambiare alcuni meccanismi di funzionamento che rischiano di ingolfarne l’efficacia. Si cita spesso il fatto che mentre la Commissione, organo esecutivo dell’Unione europea composto da 27 commissari, prende le decisioni a maggioranza semplice nell’interesse generale dell’Unione, il Consiglio decide ancora all’unanimità in un certo numero di materie (a es. politica estera).

 

Un altro caso è la retorica con cui si parla delle madri e dei padri dell’Europa con uno sguardo rivolto al passato e con un linguaggio che rischia di logorarsi facilmente, quando si parla del “mito” dell’Europa come qualcosa di irraggiungibile, dimenticando che l’Europa è nata in un momento di crisi. Anzi, la crisi è costitutiva dell’esperimento europeo fin dall’inizio del suo concepimento quando, nel 1941 Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scrissero il Manifesto di Ventotene Per un’Europa libera e unita mentre erano al confino come oppositori del regime fascista. Quel testo è ancora valido e attuale perché consente di riflettere e ragionare sulle crisi contemporanee: la guerra, le migrazioni, la crisi economica, la rivoluzione digitale, la transizione energetica, le difficoltà della ricostruzione post-pandemica e il diritto a immaginare un futuro migliore proprio quando si avverte la minaccia dei populismi e dei nazionalismi che sono certamente diversi da quelli di un tempo ma che rappresentano un pericolo per le società democratiche dove il confronto, nel pluralismo delle posizioni, è sempre più difficile a causa di un dibattito pubblico polarizzato e condizionato dai social media che minano le condizioni per una convivenza civile e democratica. La rabbia e la paura fanno il resto con il risultato di vedere all’orizzonte solo sfiducia e disintegrazione.

 

 

Un libro recente ci permette di riflettere su questi aspetti del dibattito pubblico del nostro tempo da un’angolatura originale e diversa. Si tratta de L’Europa senza retorica* (Edizioni Storia e Letteratura 2023) scritto da Barbara Curli che insegna Storia contemporanea all’Università di Torino, dove si occupa di storia delle donne, storia europea, storia globale del Mediterraneo. L’approccio originale del libro, che verrà presentato il 9 maggio a Pinerolo nel tempio valdese, viene illustrato in una introduzione in cui la studiosa spiega il motivo per cui ha scelto di parlare di Europa attraverso le testimonianze di tre donne – Miriam Camps, Rosi Braidotti e Zadie Smith – diverse per periodo storico ma anche per specializzazione trattandosi di un’analista politica, di una filosofa e di una scrittrice. Diverse anche per provenienza geografica ma accomunate – questo sì – da un cosmopolitismo o comunque da un interesse per la conoscenza degli altri e per la riflessione sulla difficile convivenza quando le differenze di genere, classe sociale, etnicità, religione, età, ecc. non sono riconosciute e valorizzate.

 

Le tre donne, di cui nel libro sono raccolti tre saggi, hanno fortemente creduto nell’unità europea e in una cittadinanza che ne contempli altre, essendo tutte un poco nomadi e cittadine del mondo, avendo vissuto in diverse culture o avendo origini in un Paese diverso da quello di residenza. E hanno variamente contribuito all’integrazione europea, termine che sembra essere stato introdotto nel linguaggio politico proprio da Miriam Camps, ma anche alla riflessione critica sui valori europei e sulla costruzione di un discorso senza retorica proprio perché calato nella vita di tutti i giorni come opportunità di partecipare a un esperimento in divenire, senz’altro migliorabile, che rilanci però i principi fondamentali della dignità e della solidarietà, mantenendo presenti le sfide della convivenza pacifica.

 

Il libro è l’occasione per riflettere anche su che cosa significhi “perdere l’Europa”: con la Brexit, infatti, in molti si chiesero cosa avrebbe comportato questa decisione che si sta rivelando pienamente solo negli anni. Per restare in ambito culturale, non solo le Università inglesi stanno perdendo studenti che non riescono a ottenere i visti d’ingresso e di lavoro, ma il piano dell’Unione europea per ovviare alla mancanza di libera circolazione dei giovani britannici non più europei e dei giovani europei in Gran Bretagna non ha ancora trovato una soluzione.

 

Le tre testimonianze, unite all’introduzione dell’autrice, sono scorrevoli e gettano luce su che cosa significhi osservare costruttivamente le istituzioni comunitarie, anche in conseguenza degli studi di genere importati dagli Stati Uniti, che in Europa hanno incontrato una serie di difficoltà, a partire a esempio dalla traduzione del termine gender nelle lingue europee, fino alla riflessione sulla società multietnica, multiculturale e multireligiosa con le sue fratture e discriminazioni intersezionali ma anche con le sue potenzialità che proprio nel motto dell’Unione europea trovano un’indicazione preziosa da perseguire con tenacia: unità nella diversità. Non ci resta che sperare che l’Europa che uscirà dalle elezioni nei prossimi mesi possa affrontare democraticamente le sfide del futuro.

 

* B. Curli, L’Europa senza retorica. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2023, pp. 152, euro 13,30.