Morti sul lavoro: un bollettino di guerra quotidiano

Ieri la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro

 

Si è tenuta ieri la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Ma in Italia la situazione legata alla sicurezza e alla prevenzione né cambia, né migliora. Quello che emerge con regolarità è solo il doloroso e triste quotidiano bollettino di guerra sul lavoro. Non passa giorno, infatti, nel quale non si debbano contare infortuni o morti. E spesso, di queste morti non si dà notizia, perché malgrado l’attenzione sul tema sia migliorata tra i media generalisti e d’informazione, se ne parla troppo poco, come se queste morti non venissero considerate notizie “notiziabili”. E quando invece se ne parla, emerge la solita frettolosa statistica che rende conto dei numeri.

Sono vent’anni che dedico la mia vita a monitorare le morti sul lavoro, proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica, incalzare i giornalisti, la politica e chi si occupa di prevenzione.

Il mio impegno non è quello di riportare numeri. A ogni numero, ci tengo a dirlo con forza, corrisponde una persona, un nome, una famiglia distrutta dal dolore improvvisamente privata di un sostegno parentale, affettivo, economico.

 

Nel 2024, tali tragedie non dovrebbero avvenire sul luogo di lavoro, invece “capitano” incessantemente e incessantemente continuano a essere chiamate – con il termine assurdo e ipocrita – «morti bianche».

Non c’è nulla di bianco in una morte sul lavoro.

 

Appare chiaro, però, che queste morti si tingono di un colore inguardabile e carico responsabilità, dove le vittime sono i lavoratori con le loro famiglie, che non vedono rincasare a sera una sorella, un padre, un fratello, uno zio, una zia, una madre. Bianche, restano però le pagine ancora da scrivere di chi non può più scriverle. Restano le storie di vite interrotte, spezzate, distrutte per sempre.

Negli anni ho lanciato molti appelli e a mia volta sono stato interpellato; ho sempre chiesto più attenzione al tema delle morti sul lavoro e fatto una comprensibile e semplice proposta: quella di non utilizzare più il termine «morti bianche».

In molti mi chiedono cosa potrebbe far cambiare le cose per far sì che non si debba più parlare di morti sul lavoro.

 

Basterebbe applicare la legge: abbiamo una degli migliori leggi a livello europeo sulla sicurezza lavoro, che è il Dlgs 81 del 9 Aprile 2008 (detto TU sicurezza sul lavoro). Purtroppo in molte aziende italiane questa prevenzione non viene attuata come dovrebbe esser attuata e a dimostrare tale dato ci sono i continui infortuni e le molteplici “tragedie” che avvengono proprio nei luoghi di lavoro.

 

Ecco perché c’è il bisogno urgente di far aumentare i controlli per la sicurezza.

 

Nell’ottobre 2021 il governo Draghi invece di potenziare le Asl con i loro tecnici della prevenzione (che dipendono dalle Regioni), ha demandato i controlli per la sicurezza sul lavoro (anche) all’Ispettorato Nazionale del lavoro. Due enti che si sarebbero dovuti coordinare tra loro, però la situazione non è migliorata. I tecnici della prevenzione delle Asl sono ad oggi insufficienti e gli ispettori del lavoro, pochi.

Un’ipotetica azienda nella situazione attuale potrebbe ricevere controlli ispettivi ogni 15/20 anni.

 

La sicurezza sul lavoro dovrebbe essere al primo posto nell’agenda di ogni partito politico. Invece, non è mai una priorità.

 

*Marco Bazzoni è un operaio metalmeccanico ed è Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

 

Per gentile concessione del sito www.articolo21.org