Rinnovato il Contratto nazionale di lavoro delle Opere Enti ed Istituti valdesi
Dopo quasi un anno di confronto fra le parti il contratto quadro che coinvolge oltre 1100 persone in tutta Italia e in diversi ambiti: sanitario, culturale, istruzione…
Un rinnovo importante e complesso ma dovuto, che pone grandi sfide alla Diaconia e alla Tavola valdese. Con Marco Armand Hugon, già presidente della Diaconia valdese e oggi capo delegazione per la Tavola valdese in una trattativa che si è rivelata molto complessa, abbiamo cercato di fare il punto della situazione sul rinnovo del Contratto nazionale di lavoro delle Opere Enti ed Istituti valdesi, che coinvolge in tutta Italia oltre 1100 persone in un po’ tutti gli ambiti del panorama delle chiese e opere valdesi in Italia.
«Dopo la firma della bozza il 18 marzo, ora, il 9 aprile, abbiamo sottoscritto la versione definitiva del contratto dopo che essa è stata sottoposta da parte dei sindacati alle assemblee dei lavoratori. È stato sicuramente il rinnovo più complicato, una sfida per la Csd – Diaconia valdese e al contempo un riconoscimento dovuto ai lavoratori e lavoratrici». Il nodo fondamentale, come è facile da intuire è quello economico, legato al compenso dei dipendenti. «Esattamente – aggiunge Armand Hugon –; tutto ruota attorno alla mancanza di risorse economiche per coprire questo aumento, che, come ripetiamo da tempo, è dovuto. Però le nostre strutture, parliamo in particolare di Rsa, anche se il panorama del contratto contempla moltissime ramificazioni, hanno subito nel corso degli ultimi anni batoste non da poco: prima la pandemia e poi l’aumento dei costi hanno messo in ginocchio le varie “case”. I margini economici non sono mai stati molti ma ultimamente si sono azzerati e per evitare un tracollo, ricordiamo che è dovuto intervenire l’Otto per Mille».
Dall’altro lato però Armand Hugon si mette nei panni dei dipendenti: «Sono passati più di quattro anni da quando era scaduto il precedente contratto, una vacanza lunghissima (ma inevitabile vista la situazione pandemica) che era necessario interrompere per rispetto verso i lavoratori che hanno visto impennarsi il costo della vita a causa dell’inflazione. La contrattazione è stata lunga, è iniziata il 25 maggio 2023 per concludersi con la firma definitiva che prevede a regime un aumento salariale del 10,66% da inizio 2026 (un poco inferiore al contratto nazionale di riferimento, quello delle Cooperative sociali). A questa data arriveremo in modo graduale: per il 2024 è previsto un aumento del 4,61%; del 3,43% l’anno successivo e infine del 2,27% per arrivare a regime. Per noi, Diaconia e Tavola valdese, una bella sfida». In busta paga, parlando di lordo per la categoria C2, una delle più diffuse, il primo aumento sarà di 70 euro, poi a fine anno altri 30 e nel 2025 a settembre altri 60 per un totale di 160 euro di aumento lordi mensile. Le strade per riuscire a coprire questi aumenti sono essenzialmente tre (parlando sempre di Rsa): aumento delle rette con ricadute sui privati cittadini; intervento dell’Otto per Mille, intervento dell’ente pubblico, Regione e/o Stato.
«Su questo ultimo aspetto abbiamo già inviato al ministero una lettera in cui chiediamo che si intervenga, perché le risorse che abbiamo non potranno garantire le coperture economiche: un esempio è quello della Regione Piemonte con cui abbiamo stipulato un patto che va a coprire una spesa del 10% del comparto sanitario, quindi appena un 5% del totale da qui al 2026. Anche i voucher emessi dalla Regione del valore di 600 euro per le fasce più deboli sono insufficienti».
Il contratto è stato rivisto in ogni sua parte andando a rilevare alcune criticità e ponendo i dovuti rimedi. Le altre rilevanti modifiche riguardano l’aggiornamento del sistema di classificazione con la valorizzazione e l’inserimento di nuove figure professionali; il rimborso delle quote di iscrizione agli albi/ordini professionali; l’introduzione di due giorni di permessi retribuiti per malattia dei figli.
La contrattazione non pone però la parola fine. «Nei prossimi mesi oltre allo sforzo primario di trovare le risorse economiche necessarie, lavoreremo in altre direzioni: fra queste la creazione di una commissione paritetica che lavori sugli inquadramenti per il prossimo rinnovo, in quanto soprattutto la Diaconia è un ente in costante mutamento con sempre nuove figure professionali».
Ci facciamo aiutare da Francesca Delaude della segreteria regionale funzione pubblica Cgil Piemonte che ha seguito la trattativa: «È una battaglia comune perché serve un sostegno economico al privato accreditato da parte dell’ente pubblico, per far lavorare le persone in maniera dignitosa. In regione Piemonte inoltre assistiamo da alcuni anni al fenomeno dell’applicazione di contratti nazionali che fanno dumping rispetto ad altri: ad esempio una Rsa chiede l’accreditamento, lo ottiene, lavora per dieci anni con una certa tipologia di contratto e a un certo punto decide di cambiarlo, e sceglie di farlo aderendo a un contratto magari non firmato dai principali sindacati e che sono peggiorativi nei confronti dei lavoratori. Va regolamentato questo ambito, serve un sistema di regole nuove, aggiornato, per riconoscere al terzo settore quanto merita. I servizi gestiti tramite il terzo settore vanno sostenuti da un punto di vista economico anche da parte dell’ente pubblico.
Il gap fra pubblico e privato si sente e non è più sostenibile oggi. Quello valdese è un buon rinnovo di contratto, ma siamo sempre su soglie ampiamente migliorabili; dovremmo riconoscere molto più ai lavoratori per il loro sforzo e la loro importanza in un settore considerato fondamentale a parole, ma purtroppo non nei fatti.
Abbiamo chiesto alla regione di intervenire e devo dire che da prime risposte parziali troviamo attenzione, abbiamo tavoli aperti, ci vuole un sostegno economico al privato accreditato per far lavorare le persone in maniera dignitosa».