Le radici valdesi nella Croce Rossa

In distribuzione nel Pinerolese e scaricabile dal sito di riforma.it l’ultimo numero del mensile L’Eco delle Valli Valdesi free pressa che racconta le storia di chi soccorre gli altri

 

 

Louis Appia è ritenuto uno dei co-fondatori della Croce Rossa Internazionale. Vi dice qualcosa questo nome? Il personaggio è stato ricordato in più di un’occasione dalla Società di Studi valdesi attraverso mostre, convegni e approfondimenti. Una targa dedicata a Louis Appia fu invece inaugurata nell’ottobre 2019 alla sede del Comitato di Torre Pellice della Croce Rossa Internazionale, in via Arnaud 30.

 

Chi era dunque questo personaggio dai forti legami con la val Pellice e con la Chiesa valdese e perché il suo nome è legato al grande organismo internazionale di soccorso?

 

Louis Appia fu innanzitutto un medico, laureatosi alla Facoltà di Medicina dell’Università di Heidelberg. La sua famiglia, con origini valdesi, era composta da numerosi pastori: il bisnonno, il nonno, il padre e anche il fratello, Georges Appia, che fu anche professore al Collegio valdese e poi alla Facoltà valdese di Teologia. Louis Appia nacque nell’ottobre 1818 a Hanau, in Germania, nel periodo in cui suo padre effettuava servizio pastorale nella locale chiesa francofona. Trascorse la sua vita tra l’Italia, la Germania e in Svizzera, paese d’origine della madre.

 

Uno dei suoi amici più cari era Henry Dunant, impiegato di banca di Ginevra, e fu proprio con lui che maturò le idee innovative per un soccorso per soldati feriti, indipendente da ogni schieramento e posizione “politica”, che potesse portare aiuto a chi ne aveva più necessità. La scintilla che fece nascere questa idea si può individuare nella partecipazione di Louis Appia alla Seconda guerra di Indipendenza, nel 1859: venne in Italia dopo aver ricevuto e letto alcune appassionate lettere del fratello Georges, che in quel momento era pastore a Pinerolo, in cui descriveva la situazione drammatica che si stava vivendo in Italia in quel momento. Fu presente nella battaglia di Solferino, intervenne sul campo curando i feriti, ebbe modo di visitare gli ospedali militari da campo di Torino, Milano, Brescia e Desenzano del Garda e si spese per la cura dei feriti, cercando anche fondi per finanziare le cure mediche e proponendo soluzioni innovative, come il carro-ambulanza che permetteva di trasportare i feriti in modo più veloce e pratico.

 

Ritornato a Ginevra, nel 1861 divenne presidente della Société médicale de Genève e nel 1862 fondò, insieme all’amico Henry Dunant, al giurista Gustave Moynier, al generale Henry Dufour e al medico Theodore Maunoir, il Comitato ginevrino di soccorso dei militari feriti, che poi divenne Comitato internazionale della Croce Rossa nel 1876. Fu subito chiaro che, per poter intervenire in modo efficace durante un conflitto, era necessario che gli Stati si impegnassero a garantire la protezione del personale e delle strutture dedite alla cura delle vittime e dei feriti di guerra. Per agevolare il riconoscimento delle forze sanitarie sui campi di battaglia Louis propose al Comitato che tutto il personale volontario portasse un bracciale bianco ben visibile. L’idea fu poi perfezionata negli anni successivi, quando si decise di posizionare, al centro del bracciale, una croce rossa: la croce rossa su campo bianco divenne così il simbolo ufficiale dell’organizzazione.

 

Gabriella Ballesio, responsabile dell’Archivio della Tavola valdese, ricorda in un’intervista andata in onda qualche anno fa in «Voce delle Chiese» (Radio Beckwith evangelica) che «il grosso apporto di Louis Appia al pensiero della Croce Rossa fu proprio la sua neutralità e la sua internazionalità: non comitati locali, ognuno dei quali interveniva solo sul proprio territorio e fronte, ma un respiro internazionale, che addirittura negli anni ’90 cercherà di importare nel mondo arabo recandosi al Cairo per fondare un Comitato della Croce Rossa nel mondo medio-orientale».

Lo spirito umanitario della Croce Rossa si può collegare quindi in parte anche alle radici evangeliche dei suoi fondatori: Appia e Dunant frequentarono insieme la Société évangélique, l’ambiente “risvegliato” ginevrino. La loro formazione come credenti profondamente convinti li portò in modo quasi naturale a impegnarsi, come civili e non come militari, nel servizio verso gli altri in ogni genere di campo. Non solo quello delle guerre, ma anche della società in cui erano immersi.