In cammino sulla via della croce e resurrezione – Simone di Cirene

Da mercoledì fino a domenica di Pasqua vi proponiamo 5 ritratti di alcuni personaggi che hanno incontrato Gesù sulla via della croce e dopo la resurrezione

 

Questi ritratti evocativi – in prima persona – sono a cura del pastore Alessandro Esposito e fanno parte delle note bibliche da lui preparate per la rivista «La Scuola domenicale» del Servizio istruzione ed educazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei). Non potendo essere inseriti sulla rivista per ragioni di spazio, il SIE ha generosamente condiviso con Riforma.it questo materiale che, con gratitudine, mettiamo a disposizione dei lettori e lettrici.

 

 

 

SIMONE di CIRENE

(cfr. Luca 23, 26-32)

 

26 Mentre lo portavano via, presero un certo Simone, di Cirene, che veniva dalla campagna, e gli misero addosso la croce perché la portasse dietro a Gesù.
27
 Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che facevano cordoglio e lamento per lui. 28 Ma Gesù, voltatosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli. 29 Perché, ecco, i giorni vengono nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno partorito e le mammelle che non hanno allattato”. 30 Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadeteci addosso”; e ai colli: “Copriteci“. 31 Perché se fanno questo al legno verde, che cosa sarà fatto al secco?»
32
 Ora, altri due, malfattori, erano condotti per essere messi a morte insieme a lui.

 

Stavo tornando dai campi quel mattino: non dal lavorarli, poiché era la vigilia della Pasqua, ma dal vedere la terra verdeggiare dopo il sonno dell’inverno. Avevo da poco varcato le mura di Gerusalemme, quando alcuni soldati mi presero e mi costrinsero a mettere sulle spalle il legno che prima gravava sul dorso di uno sconosciuto. C’era concitazione tutt’intorno e feci fatica a comprendere subito che cosa stesse avvenendo: accadde tutto repentinamente e, senza quasi accorgermene, mi ritrovai gravato di quel peso. Ad esso si aggiunse una sorta di pena che provai nel vedere quell’uomo: si notava che lo avevano percosso brutalmente, eppure nel suo sguardo, che colsi fugacemente, non lessi odio né rancore. Solamente dolore, che invase anche le mie viscere.

 

Mi misi così dietro di lui e, insieme, ci condussero lungo i vicoli della città antica, gremiti di gente accorsa lì per la Pasqua: quasi ci schiacciavano, ma, paradossalmente, rendevano quel percorso meno opprimente. In particolare, furono voci di donna a raggiungerci: erano per lui e provavano, così come potevano, a dispensare sul suo incedere dolorose carezze. Erano note intrise di pianto, segnali accorati di una vicinanza osata e sentita. E quell’uomo si era mostrato sensibile a quella manifestazione d’affetto, a quelle lacrime sincere.

 

Si volse dunque verso quelle donne e, con dolcezza, le chiamò figlie. Accennò a un dolore che loro nemmeno sospettavano e che presto, disse, le avrebbe assalite: quelle stesse mura entro cui si stava consumando la sua tragedia sarebbero presto crollate e il lamento di quelle donne si sarebbe rivolto al loro stesso, amaro destino. Lo diceva con pena nell’animo, quasi preoccupato per loro: e mi chiedevo come, nel cuore stesso del suo dolore, potesse avvertire quello altrui: un dolore ancora di là da venire, che però quell’uomo vedeva già profilarsi quale funesto presagio.

 

Alcune tra loro si fecero improvvisamente cupe ai suoi proclami, altre piansero ancor più amaramente, altre ancora non intesero. Io, in cuor mio, ero scosso: le parole di quell’uomo mansueto provenivano da profondità a me ignote e producevano sottopelle come un riverbero che si ripercuoteva in ogni mia fibra.

 

Notai, appena dietro di noi, altri due uomini: erano anch’essi condotti con la forza verso la collina del Golgota, dove generalmente i romani condannavano al supplizio di croce ribelli e malfattori. Mi chiedevo che cosa avesse a che spartire con loro l’uomo di cui avevo caricato il legno: le sue non erano parole di un rivoltoso e la tenerezza con cui si era rivolto a quelle donne, guardandole, non si attagliava all’immagine di un uomo violento. Lo accompagnai, in silenzio, sino a quel luogo di morte. Non ebbi il coraggio di restare ad assistere al suo supplizio: con il cuore gonfio, invaso da un silenzio che mi stordiva i sensi, ripercorsi a ritroso, in solitudine, quegli stessi vicoli. E quella notte un dolore muto mi oppresse l’animo e in alcun modo mi fu possibile prendere sonno.