40 anni di Aev: com’è cambiato, intanto, il mondo del volontariato

Quando nasceva l’associazione evangelica, i volontari erano in primo luogo giovani: oggi il quadro d’insieme è più ricco e complesso. Un convegno domani a Torino

 

L’Associazione evangelica di volontariato (Aev) nel 2023 ha compiuto quarant’anni (un convegno a Torino, il 22 marzo, ricorderà la ricorrenza). Il quarantennale arriva quasi in concomitanza con l’approvazione all’unanimità, da parte del Consiglio regionale del Piemonte, della legge in materia di Terzo settore, che prova a far chiarezza in un ambito che ha acquisito nel tempo sempre più importanza.

 

Ma partiamo dall’Aev. L’associazione nasce 40 anni fa a Firenze (21 i soci fondatori, metà di loro sotto i 40 anni). La storia ci parla di un impegno scaturito dall’attività realizzata nella ricostruzione del dopo-terremoto in Irpinia. La particolarità dell’associazione era che la spinta alla sua fondazione arrivava dal mondo giovanile evangelico. Quello dell’inizio degli anni Ottanta era un mondo in cui si faceva volontariato in modo spontaneistico; si guardava all’esperienza dei padri, che davano un po’ del loro tempo per gli altri. Per le chiese evangeliche era chiaro che occorreva agire in rete con altri e che la diaconia non era un’opera meritevole ma la risposta dei credenti all’amore di Dio per l’umanità.

Nasce così un’associazione che è un organismo di collegamento e di promozione dei volontari di ispirazione cristiana evangelica e di collaborazione tra opere e centri operanti nell’ambito della testimonianza, delle istituzioni pubbliche e private a livello nazionale e internazionale (i volontari a oggi sono stati più di 4000 e le nazioni di provenienza un’ottantina). Nel suo statuto si accennava al fatto che si sarebbe entrati nel quadro delle regole che lo Stato prevedeva per le associazioni.

 

Proprio negli anni della nascita dell’Aev il settore cominciò a essere regolamentato, arrivarono le prime leggi regionali. Anche l’atteggiamento di chi si impegnava comincia intanto a cambiare. Sul finire degli anni ‘80 si fa strada l’idea che, in un momento di penuria di proposte lavorative, l’esperienza del volontariato possa aiutare nella ricerca di un posto di lavoro attraverso la formazione acquisita “sul campo”. Si ha così una situazione in cui da un lato i giovani offrono, in attesa di trovare un’occupazione, un po’ del loro tempo in svariati campi (dagli anziani ai minori, dall’accoglienza all’animazione); dall’altro persone meno giovani danno specifiche competenze tecniche o relazione all’interno di progetti o strutture.

Ma il tempo passa e le cose cambiano ancora: quando nel 2013 si fa un bilancio dei trent’anni dell’Aev, la fotografia ci parla di un’età media più alta che in passato (sui 45 anni); quasi il 70% è italiano e uno su 4 è laureato. I campi di attività sono l’assistenza (il 50%), i minori (il 18%), l’ospitalità (il 14%) e per il 18% circa la cultura. La società intorno all’Aev continua a mutare e il lavoro di volontariato si orienta diversamente.

 

Negli anni 20 del XXI secolo due fattori segnano il volontariato in generale: da un lato la pandemia – alcune attività entrano in crisi e nuove si sviluppano temporaneamente, come la pratica di portare i pasti a chi non può uscire di casa; dall’altro lo sviluppo dell’Area Migranti, che dagli anni 10 del Duemila comincia a svilupparsi, con postazioni per l’Aev concentrate in diversi Centri sul territorio italiano (tramite i “cantieri” della Diaconia valdese e del Servizio Migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia). Oggi poi sono diverse anche le strutture, anche non delle chiese, che si avvalgono dei servizi dell’Aev. Si apre un nuovo capitolo, e arriviamo così anche alla legge regionale, frutto di un lavoro che ha coinvolto opposizioni e maggioranza in Consiglio regionale.

 

La proposta di legge della consigliera del Pd Monica Canalis sulle «Norme di sostegno e promozione degli enti del Terzo settore piemontese», approvata all’unanimità, riconosce che le attività di interesse generale possono essere svolte non solo dalla Pubblica Amministrazione ma anche dal Terzo settore, e fa sì che anche il Piemonte, sia pure in ritardo, recepisca la riforma nazionale del 2017. La legge istituisce la Consulta regionale, che deve fungere da raccordo tra le diverse anime del Terzo settore: saranno premiati i Comuni che attivano collaborazioni con esso attraverso coprogettazione e coprogrammazione. «Il Terzo settore non è un tema di parte – ha detto Canalis –: è una ricchezza trasversale in una regione che vanta un patrimonio storico e un alto numero di organizzazioni che si dedicano al sociale. È una rete che tiene in piedi il Paese e che rafforza il senso di appartenenza a una comunità, contribuendo a ricucire i legami sfilacciati tra le persone. Il Terzo settore è fattore di democrazia ed è fin dall’Ottocento pilastro della coesione sociale in Piemonte».

 

Quello su cui si punta sono le sinergie e la cooperazione tra la Pubblica Amministrazione e gli enti del Terzo settore, diventati “rete fondamentale nel tenere cucito il paese”. Questione però che può essere problematica perché stiamo parlando di una realtà che è viva, su cui il pubblico ha fatto sempre più affidamento e alla quale ha talvolta delegato, ma che oggi spesso è composta da persone anziane o da giovani che faticano a garantire una continuità, non avendo situazioni solide in termini lavorativi alle spalle. Un mondo, quello del volontariato, che comunque continua a voler lavorare con l’altro e che cerca spazi per dire la sua nel momento in cui è chiamato ad agire nel mondo. Una situazione che chiama tutti a riflessione oltre che ad azione. Qualche anno fa si è cominciato a parlare da parte dell’associazionismo di progettazione che parte dalle persone, o dalle associazioni, e viene condivisa insieme al pubblico: lo sguardo è al territorio e guarda al domani, l’azione è programmata e procede con il sostegno di tutti. Una strada che pare fruttuosa, e che ora è indicata anche dalla legge regionale, e che occorre intraprendere in una logica di evoluzione di un mondo che vuole protagonista la società nel suo insieme.

 

Per l’occasione l’Aev ha pensato, in collaborazione con la Diaconia valdese, di organizzare un incontro per ripercorrere un’attività che sul territorio nazionale ha visto negli anni l’impegno di migliaia di persone in diversi ambiti e momenti differenti dell’essere volontari italiani o provenienti dall’estero.

 

Oggi, come ieri, il sistema del volontariato affronta sfide significative, ed è parso importante avere un momento di riflessione sul ruolo dei volontari e delle volontarie nella nostra società, sull’essere parte o meno di strategie democratiche che coinvolgono tutti noi a diversi livelli, sul valore intrinseco del volontariato e sul suo impatto sul tessuto sociale.

 

Il Convegno, intitolato “Volontarie e Volontari risorse della Società che cambia“, vuole essere un momento di incontro e di scambio tra persone che in questo settore operano e sono impegnate. All’appuntamento, che proverà ad esplorare le difficoltà attuali e le opportunità future per il volontariato, e che si terrà il 22 marzo dalle ore 15 alla Sala convegni della Chiesa Valdese di Torino, in C.so Vittorio Emanuele II, 23, interverranno:

 

Davide ROSSO, Presidente AEV ODV: “Associazione Evangelica di Volontariato: 40 anni di volontariato”

Francesco SCIOTTO, Pastore e Presidente Diaconia Valdese CSD: “Volontariato lavoro e vocazione”

Pierluigi DOVIS, Direttore CARITAS Torino: “Potenzialità del volontariato in un momento di crisi”

Davide PASCHETTO, Responsabile Ufficio Volontariato Diaconia Valdese: “Comprensione del volontariato nel mondo giovanile”

Claudia GIACONE, AEV ODV: “Questioni di genere e volontariato”

Sergio VELLUTO, Presidente Concistoro Chiesa di Torino: “Esperienze di gestione”

 

L’Associazione Evangelica di Volontariato invita tutti coloro che sono interessati a partecipare all’evento, che potrà essere seguito anche sulla pagina FB e sul Canale Youtube della Fondazione Centro culturale valdese.

Info: [email protected]