La Bibbia non è caduta dal cielo

Il libro di James A. Sanders, ripubblicato dall’editrice Claudiana, ricostruisce la formazione del canone

 

Il prof. James A. Sanders, recentemente scomparso, è stato un noto biblista statunitense, specialista di Antico Testamento e uno dei curatori dell’edizione inglese dei Rotoli del Mar Morto. Ora la Claudiana pubblica la seconda edizione (del 2005, la prima era del 1972) del suo libro sulle origini del canone biblico. L’autore stesso riconosce che questa materia era fino a non molti anni fa la più noiosa del piano di studi teologici. A stretto rigor di termini, infatti, il canone biblico è semplicemente l’elenco dei testi contenuti nella Bibbia, riconosciuti come ispirati da Dio, e dunque sacri, e la parola “canone” indica in origine l’unità di misura, da cui il concetto di “regola”, “modello”.

 

Ma, avverte Sanders, negli ultimi anni questi studi hanno preso una accelerazione imprevista in quanto soprattutto le recenti scoperte archeologiche, e quindi le nuove conoscenze riguardanti i popoli che circondavano Israele e ne influenzavano la vita e il pensiero, hanno costretto gli esegeti a riconsiderare la fede del popolo ebraico e a leggerla nel contesto più ampio della storia del Vicino Oriente. Anche il nostro libro, dunque, vuole mostrare come si siano formati i libri biblici e quale fosse il messaggio centrale che volevano portare.

 

Anche se lo si è pensato per molto tempo, la Bibbia non è caduta dal cielo, ma ha conosciuto un lungo periodo di elaborazione. Diverse generazioni hanno raccontato, scritto, letto e tramandato le antiche tradizioni. E le hanno lette e scritte per i loro contemporanei, in quanto ogni generazione aveva, e ha tuttora, la responsabilità di rispondere positivamente alla vocazione di Dio. Valga un esempio: probabilmente il credente che si avvicina al testo biblico, non si è mai posto il problema di quale fosse l’ordine giusto dei vari libri, per cui chi, come me, si è formato leggendo la Riveduta avrà notato con stupore che nella Traduzione interconfessionale in lingua corrente (Tilc) il libro di Rut, i libri delle Cronache, di Ester e di Nehemia non erano più “al loro posto”, fra i libri storici, ma erano finiti in fondo alla lista, dopo i libri poetici, fra gli “scritti”. Come mai? Che cos’era successo? Semplicemente, in tempi diversi e in luoghi diversi le varie scuole e tradizioni avevano posto l’accento non sempre sugli stessi parametri di valutazione. Per cui nella classica traduzione protestante (la Riveduta) si è seguito l’elenco (= il canone, appunto) utilizzato dagli ebrei di lingua greca (la cosiddetta versione dei LXX), mentre i traduttori della Tilc hanno preferito seguire l’elenco dei libri della tradizione degli ebrei palestinesi.

 

Si tratta dunque solo di una questione che potremmo definire “tipografica”? Io direi di no – e il libro di Sanders ci aiuta a comprendere la lunga gestazione e la formazione della Bibbia ebraica accompagnandoci attraverso la storia del popolo di Israele e mostrando come le varie tradizioni pongano l’accento ora su un evento ora su un altro. Valgano anche qui un paio di esempi: solo nella predicazione del profeta Isaia si pone l’accento sulla figura di Davide, mentre gli altri profeti insistono, sulla scorta del libro del Deuteronomio, sulla Torah, la Legge. E poi, nell’antichità esistevano anche altri libri che narravano le gesta dei re di Israele e di Giuda o di altri eroi popolari. Essi vengono anche citati (1 Re 15, 7, oppure 2 Re 1, 18), ma non vengono presi in considerazione nella compilazione dei libri biblici, perché la storia che viene raccontata non è solo una narrazione di fatti, ma vuole essere una testimonianza di fede. Di più: è una riflessione sulla storia che l’Israele credente fa in uno dei momenti più tragici della sua esistenza, per comprendere come sia stato possibile che il popolo della promessa conoscesse la sconfitta e la cattività in Babilonia. «Fa parte della natura del canone biblico, ci avverte James Sanders, l’essere reso contemporaneo. I testi canonici non costituiscono principalmente un volume di informazioni sulla storia di Israele, quanto piuttosto uno specchio dell’identità della comunità credente che in ogni epoca si rivolge a loro, domandando chi essa è e come deve comportarsi, anche nella nostra epoca».

 

La cristallizzazione e la sacralizzazione del testo sono venute molto più tardi – e non sono sicuro che abbiano fatto bene alla fede. Lo studio del canone e della sua formazione ci aiuta dunque nel faticoso lavoro di comprensione non solo del testo, sia questo una narrazione storica o una predicazione profetica; ma anche del modo in cui esso è stato elaborato e portato alle generazioni del passato, in modo che il suo messaggio possa emergere con vividezza e aiutarci a elaborare le risposte di fede del nostro tempo. In questo, l’opera di Sanders ci dà un aiuto importante.

 

* James A. Sanders, Le origini del canone biblico. Torino, Claudiana, 2023, pp. 166, euro 18,50