Donne e lavoro tra emancipazione e sfruttamento

Il convegno organizzato dalla Federazione delle donne evangeliche in Italia ha toccato discriminazioni e stereotipi che colpiscono le lavoratrici

 

Il cameraman di una tv svizzera, sceso a Roma il 10 febbraio per documentare il convegno della Federazione delle donne evangeliche in Italia, si è meravigliato di trovare tanta gioia e levità. La due giorni condotta dalla pastora Mirella Manocchio, presidente Fdei, che ha radunato presso la chiesa metodista di via XX Settembre donne protestanti e una cattolica della diocesi romana, ha avuto davvero questa tonalità, frutto di una calorosa accoglienza e della complicità nata nel confronto tra volti, sensibilità ed esperienze.

 

A generare questa alchimia sono stati momenti di conoscenza, preghiera, bibliodramma e la condivisione di una mensa preparata con gusto dalla comunità metodista. Le partecipanti appartenevano alla Federazione femminile evangelica valdese e metodista, al Movimento femminile evangelico battista, alla Rete delle donne luterane, all’Esercito della Salvezza e alla Chiesa riformata ticinese.

 

Al centro il tema «Il lavoro per le donne: tra emancipazione e sfruttamento», articolato su diverse testimonianze e analisi. La discriminazione di genere è una realtà ancora fortemente presente nell’ambito lavorativo: si è penalizzate per la disabilità, per la condizione migrante e per la salute. Si sconta una disparità di reddito. Si lavora ancora “in nero”. Ma ci sono anche storie di affrancamento dall’invisibilità e dalla paura come quella di Rowena che oggi è predicatrice locale in una comunità che l’ha aiutata nei momenti bui. La donna ha trovato la forza di andare avanti anche in sé stessa confidando nel Dio che tutto può.

 

Nelle diverse chiese le donne elaborano progetti per le donne: nel Canton Ticino il lavoro di filato per prematuri, a Firenze l’accoglienza di donne disagiate, a Villa San Sebastiano l’ascolto di vittime della violenza di genere, a Roma l’aiuto a donne con bambini. È stato rilevato che è fondamentale investire sulla formazione e vigilare sugli stereotipi di genere presenti anche nelle chiese.

 

Il discorso si è allargato nella conferenza pubblica «Donne nel mondo del lavoro – equità, sicurezza e libertà come imperativi etici» moderata da Mirella Manocchio, accompagnamento musicale di Emilia Pinto, relatrici l’avvocata Assunta Cestaro dello Sportello antidiscriminazioni della Cgil di Roma; Roberta Lisi, segretaria nazionale di Giulia giornaliste, e la pastora valdese e teologa Letizia Tomassone.

 

Cestaro ha messo in luce come le donne vittime di violenza sono doppiamente colpite a causa della vittimizzazione secondaria subita durante il processo nel quale devono provare di non avere dato consenso. Verificare questo è molto complesso e delicato. E ancora le donne si sentono chiedere: «Ma com’eri vestita?». Rispetto alle molestie sessuali al lavoro le donne scontano la disparità di potere e spesso la loro denuncia non trova l’alleanza dei colleghi che sanno e non parlano, ha detto Lisi. C’è anche il caso di una donna che ha denunciato e dopo il licenziamento non trova occupazione presso altre aziende perché l’ex datore di lavoro le ha fatto terra bruciata intorno. Il ruolo dell’informazione è scardinare l’indifferenza e fare attenzione a come si raccontano stupri e femminicidi: ancora circolano racconti tossici sulle molestie.

 

Tomassone ha messo in luce che la precarietà maggiore del lavoro delle donne «ha ancora radici nell’influenza religiosa di una teologia che naturalizza i ruoli: il ruolo materno, prima di tutto, e poi la divisione verticale e gerarchizzata tra uomini e donne e il loro posto nella società». Questo soprattutto nella cultura influenzata dal cattolicesimo con la sua preminenza di simboli materni legati a Maria.

 

La mancanza di conciliazione tra vita e lavoro porta le donne a dover scegliere tra carriera e famiglia. Prevale il lavoro femminile per ragioni economiche di sopravvivenza mentre il lavoro di scelta e di vocazione è incerto. Una risoluzione del Parlamento europeo invita a «un cambiamento culturale a livello della società, che prenda di mira gli stereotipi di genere, affinché il lavoro e le attività di cura siano ripartite in modo più equo tra gli uomini e le donne». In questo quadro rientra anche il contrasto alla violenza di genere in famiglia e sul lavoro, ha concluso la teologa.

 

Il percorso iniziato a Roma continua il 16 marzo alla chiesa avventista di Bari con il convegno Fdei-Ffevm «Maternità lavoro salute nelle vite e nei corpi delle donne» mentre dal 12 al 14 aprile alla Casa valdese di Vallecrosia il convegno Ffevm «Donne nella chiesa di oggi: presenze e ruoli».