Mezzano inferiore. Tre pietre d’inciampo per non dimenticare
La comunità metodista testimone e protagonista in una tragica pagina di Storia
Esistono incontri che cambiano radicalmente la vita. Esistono incontri che sono strettamente legati alla Storia con la S maiuscola. Quando li fai non lo puoi sapere… poi ne divieni testimone. È quanto accaduto agli abitanti di Mezzani (Pr), piccolo centro della bassa padana.
Qui, la locale comunità metodista fu testimone del passaggio di un piccolo gruppo di deportati ebrei, provenienti dalla Serbia e costretti al confino a partire dal 1941 nelle frazioni isolate della bassa padana (oltre a Mezzano inferiore, frazione spesso denominata come villaggio evangelico nelle cronache del tempo, furono coinvolti 22 comuni), poiché ormai saturo il grande campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia (Cosenza), che accolse ebrei, slavi, apolidi e altri prigionieri prevalentemente dalla Croazia, Slovenia e dalle regioni del confine orientale. Vi fu quindi una fase nel programma di sterminio che comportò forme di “confino libero”, con obbligo di firma negli uffici comunali tre volte al giorno. Le persone soggette a questa misura non potevano allontanarsi dal Comune, ma allo stesso tempo non erano rinchiuse in un campo, potendo così provare a ricostruire una vita.
Sabato 3 febbraio 2024, un piccolo gruppo della chiesa metodista di Parma Mezzani con il pastore Nicola Tedoldi ha accolto di fronte al tempio e ai locali delle ex scuole evangeliche di Mezzano inferiore una scolaresca mezzanese per la posa di tre pietre di inciampo, a ricordo dei membri di una di queste famiglie: Miscia Alkalay il fratello minore Josif Alkalay, entrambi assassinati a Buchenwald, e la moglie di quest’ultimo, Sultana Levi, unica sopravvissuta della famiglia. Di loro sappiamo solo che i due fratelli erano avvocati e che trovarono ospitalità probabilmente nei locali delle dismesse scuole evangeliche, soppresse dalla legislazione fascista, e accoglienza da parte della popolazione, non solo evangelica.
Alcune delle famiglie deportate, aiutate dalla popolazione locale e dalle bande partigiane vennero liberate, nascoste e salvate dopo l’8 settembre 1943. Altre, come gli Alkalay, subirono invece l’ultimo arresto nel dicembre 1943 da parte delle milizie italiane, e dopo il passaggio a Fossoli, furono deportate ad Auschwitz nell’aprile del 1944.
La posa delle tre pietre d’inciampo è stata l’occasione per ravvivare la memoria della famiglia Alkalay, come ha ricordato Ferdinando Sandroni (vicepresidente vicario Isrec Parma) che insieme a Ferdinando Sbravati ha ricostruito la storia dei tre prigionieri.
L’Assessore alla cultura del Comune di Sorbolo-Mezzani, Cristina Valenti, ha sottolineato l’importanza di studiare, con i ragazzi e le ragazze delle scuole, come le storie individuali degli uomini e delle donne di un luogo si intersecano e si intrecciano con la Storia, tenuto conto anche della peculiarità del luogo, in cui si è formata una chiesa metodista, legata alla missione wesleyana inglese e attiva nell’ambito sociale fin dalla sua fondazione nel 1863, attraverso le citate scuole evangeliche, che avevano rappresentato l’unica forma di scolarizzazione per i figli dei braccianti agricoli della zona, fino all’avvento del fascismo. Non a caso molti giovani, uomini e donne, del territorio di Mezzani, evangelici e non, educati dal maestro Mauri, seppero poi quale scelta di impegno civile compiere nel momento dell’occupazione nazista e della disgregazione dello stato fascista.
La posa delle pietre di inciampo ha richiesto una fase di verifica delle fonti documentali e non. Anche se già il metodista Rino Cantoni aveva depositato una piccola testimonianza, poi raccolta e pubblicata dalla sezione dell’Anpi di Mezzani, ricordando amareggiato l’impossibilità di un’azione militare da parte delle bande partigiane locali in favore degli ebrei di Mezzano inferiore, M. Minardi ha riferito dell’impegno di tre donne di Mezzani (A. Gaita, M. Gemmi e M. Montali), che fecero un tentativo per liberare i fratelli Alkalay. Queste donne corsero a Salsomaggiore e cercarono di corrompere verosimilmente un carceriere fascista per ottenerne la liberazione, senza esito positivo. Solo A. Gaita fu arrestata, anche se poi liberata. Per la conferma dei fatti occorsi a Sultana, Josif e Miscia Alkalay come ad altri ebrei confinati nel paese è stata però dirimente la memoria della nostra sorella Ines Pardini (102 anni), che ben ricordava nomi e vicende, conservando rare foto di gruppo e di piccoli momenti conviviali.
Il sindaco Nicola Cesari ha voluto sottolineare i valori della democrazia e della libertà, ricordando agli studenti e studentesse che le esperienze di chi oggi soffre per le guerre sono le stesse che hanno vissuto i loro bisnonni. Si vuole ricordare una tragedia con le pietre di inciampo, una tragedia che ha interessato le persone del tempo, perché questa non si ripeta mai più.