La crisi dell’Ecuador arriva da lontano

Il Paese sudamericano alle prese con le violenze perpetrate dai gruppi di narcotrafficanti. Intervista al giornalista Federico Nastasi, esperto di Sudamerica

 

Qualche settimana fa un evento ecuadoriano è arrivato sulle prime pagine: un gruppo narcoterrorista aveva fatto irruzione in uno studio televisivo, tenendo per qualche ora in ostaggio la troupe. La spettacolarità del gesto ha spinto per un istante i riflettori sul paese sudamericano, ma l’attenzione è svanita presto.

 

Cosa sta succedendo però in Ecuador? Da dove emerge un episodio simile, e quali sono le prospettive attuali?

Lo abbiamo chiesto al ricercatore e giornalista freelance Federico Nastasi, esperto di Sudamerica. Ci racconta che il paese, storicamente ai margini del narcotraffico, sia invece diventato di recente un nodo cruciale, soprattutto a causa delle politiche portate avanti in paesi confinanti storicamente più violenti (Perù e Colombia), con una spinta notevole dall’insorgere della pandemia, perché lo stato non ha attivato sostegni economici generalizzati per la popolazione: questo ha creato sacche di povertà che, come accade sempre, offre spazio e braccia preziose per la criminalità organizzata.

 

L’esplosione di violenza, continua Nastasi, è cominiciata dalle carceri, che in parte sono finite al di sotto del controllo dei gruppi criminale, e solo adesso lo statto le sta riconquistando, a fatica. In parte lo scontro è generato dallo stesso stato, che sta cercando di reprimere le organizzazioni di narcotrafficanti (o narcoterroristi), ma allo stesso tempo pesa la capillare corruzione tra le forze dell’ordine.

Insomma, lo scenario è complesso e la mancanza di attenzione internazionale non aiuta. Puoi ascoltare qui l’intervista completa: