Cento giorni di guerra, una strage di civili, minori soprattutto

I dati delle organizzazioni umanitarie denunciano la strage quotidiana di civili dovuta ai bombardamenti su Gaza

 

Cento giorni di guerra fra Israele e Hamas e nessuna soluzione in vista.

Intanto i rapporti delle organizzazioni umanitarie continuano a urlare al mondo la tragedia in corso a Gaza e in Cisgiordania.

Il 13 gennaio la Ong Human Rights Watch ha pubblicato il proprio report annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo, con un ampio focus dedicato ovviamente alla situazione in Medio Oriente, in cui sono i civili le vittime reali del conflitto.

«Il 7 ottobre, uomini armati guidati da Hamas dalla Striscia di Gaza hanno effettuato un attacco nel sud di Israele, uccidendo deliberatamente civili, sparando sulla folla e uccidendo persone nelle loro case, e riportando ostaggi a Gaza, compresi anziani e bambini, atti che equivalgono a crimini di guerra. Secondo le autorità israeliane, al 2 gennaio circa 128 persone erano ancora tenute in ostaggio – si legge nel report di Human Rights Watch -. Poco dopo, le autorità israeliane hanno tagliato i servizi essenziali alla popolazione di Gaza, tra cui acqua ed elettricità, e hanno bloccato l’ingresso di tutto tranne che di un filo di carburante e di aiuti umanitari essenziali, atti di punizione collettiva che equivalgono a crimini di guerra e includono l’uso della fame come un metodo di guerra. Gli attacchi aerei israeliani hanno martellato incessantemente Gaza, colpendo scuole e ospedali e riducendo in macerie gran parte dei quartieri, anche con attacchi apparentemente illegali. Le forze israeliane hanno inoltre utilizzato illegalmente il fosforo bianco in aree densamente popolate. Hanno ordinato l’evacuazione di tutta la zona settentrionale di Gaza e, secondo le stime, al 2 gennaio avevano sfollato circa l’85% della popolazione di Gaza – 1,9 milioni di persone».

 

In Cisgiordania, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), nel 2023 le forze israeliane hanno ucciso 492 palestinesi, tra cui 120 bambini, più del doppio rispetto a qualsiasi altro anno dal 2005, quando le Nazioni Unite iniziarono registrare sistematicamente i decessi. Durante i primi otto mesi del 2023, gli episodi di violenza dei coloni contro i palestinesi e le loro proprietà hanno raggiunto la media giornaliera più alta dal 2006; una media di tre incidenti al giorno, rispetto a due al giorno nel 2022 e uno nel 2021. Questo tasso è ulteriormente aumentato dopo il 7 ottobre. L’Ocha ha registrato 1.227 episodi di violenza da parte dei coloni nel 2023 che hanno provocato vittime e/o danni alla proprietà, più che nel ogni anno da quando ha iniziato a registrare gli incidenti che hanno coinvolto i coloni nel 2006.

 

Dal 1° gennaio, secondo i dati dei servizi carcerari israeliani, le autorità israeliane detenevano anche 3.291 palestinesi senza accusa né processo. Questa cifra rappresenta il massimo degli ultimi tre decenni, secondo il gruppo israeliano per i diritti umani HaMoked.

Il 12 gennaio invece è stata la volta del report di Save the Children che racconta la strage quotidiana di bambini in corso a Gaza:

«Più di 10.000 bambini sono stati uccisi dagli attacchi aerei e dalle operazioni di terra israeliane nella Striscia in 100 giorni di violenza, secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero della Sanità di Gaza, e altre migliaia risultano dispersi, presumibilmente sepolti sotto le macerie.  Per ogni giorno senza un cessate il fuoco definitivo, sono stati uccisi in media 100 bambini. La situazione a Gaza è orrenda e rappresenta una piaga per tutta la nostra umanità», ha dichiarato Jason Lee, direttore nazionale di Save the Children per i Territori palestinesi occupati.

 

In 100 giorni di violenze è stato riportato un numero record di gravi violazioni contro i bambini, tra cui: 370 scuole a Gaza danneggiate o distrutte (UNICEF), 94 ospedali e strutture sanitarie a Gaza attaccati (OMS), più di 1.000 bambini palestinesi hanno perso una o entrambe le gambe, a circa 1,1 milioni di minori, l’intera popolazione infantile di Gaza, è stato negato l’accesso a un’adeguata assistenza umanitaria, rapimenti di bambini in Israele e 33 minori israeliani uccisi .

«E per le bambine e i bambini che sono sopravvissuti a tutto questo, le conseguenze psicologiche e la totale devastazione delle infrastrutture, tra cui case, scuole e ospedali, hanno decimato il loro futuro» recita il comunicato di Save the Children.

Oltre il 40% delle persone uccise a Gaza dall’inizio dell’escalation di violenza nei Territori palestinesi occupati, sono minori.

 

Sabato 13 gennaio, Amnesty International Italia, AOI, Un ponte per, la communityFermatevi” e Articolo21, con il patrocinio del Comune di Napoli e della Regione Campania, insieme con Marisa Laurito, testimonial dell’iniziativa, si sono ritrovati in Piazza del Municipio per ribadire la richiesta di un immediato cessate il fuoco. Al suolo è stata preparata un’installazione di piccole lapidi bianche con i nomi dei minori uccisi, a simboleggiare il cimitero di bambini e bambine causato dai bombardamenti.

 

Altre manifestazioni si sono svolte in tutta Italia mentre nel mondo decine di migliaia di persone si sono riunite in particolare a Washington e a Londra per chiedere a gran voce la pace.

La pastora Susan Wilder, co-moderatora della “Rete Missionaria Israele/Palestina della Chiesa Presbiteriana”, ha partecipato alla marcia nella capitale americana di sabato 13. È appena tornata dalla Palestina dove ha rappresentato la Rete alle celebrazioni natalizie organizzate dalla Chiesa luterana di Betlemme. «Siamo motivati dalla preoccupazione per la violenza in corso, la devastazione a Gaza, e la nostra richiesta principale è un cessate il fuoco immediato per fermare la carneficina», ha detto.

Un’altra organizzazione sostenitrice, “Christians United for Palestine”, ha affermato che era loro obbligo religioso partecipare alla marcia poiché la Bibbia insegna a «correggere l’oppressione». 

La marcia è iniziata alla Freedom Plaza, per concludersi di fonte alla Casa Bianca nel pomeriggio.

 

Foto di Amnesty Italia