Le visioni bibliche che danno senso alle nostre vite

Il libro di Lidia Maggi e Angelo Reginato, scritto nell’emergenza Covid, invita alla lettura personale e comunitaria

 

In questo denso e profondo piccolo libro*, scritto a due voci in pieno Covid, si affronta da varie e complesse angolature il tema della crisi, utilizzando citazioni bibliche, teologiche e letterarie, con un linguaggio spesso allusivo, poetico, e un sentimento empatico: «Abbiamo bisogno di immagini, che delineino un orizzonte entro cui collocare i dati – esordiscono gli autori, sperimentati da diversi saggi condotti insieme –. Ci servono immagini dinamiche, le Scritture ce ne forniscono un repertorio che hanno la forza della visione, senza fare di chi legge un visionario, disancorato dal reale». E per riflettere su come stare nella crisi la «scena- madre, ovvero un’immagine capace di generarne altre e di accenderne il pensiero», è quella di Gesù che cammina sulle acque: un’azione profetica, un gesto simbolico, che indica l’incerta quotidianità in cui viviamo. La Bibbia si presenta come “il libro delle parole in cammino “ e Gesù è “l’uomo che cammina”. Nelle diverse versioni del racconto, in Matteo, Marco e Giovanni, è come se ci venisse detto: «Ascolta quella voce divina che ti invita ad affrontare le acque, a camminarci sopra. Là dove tu vedi un’impossibilità, impara a scorgere una possibilità».

 

Il mare nella Bibbia è perlopiù simbolo di morte: «La prima parola è quella del mare e dei suoi flutti minacciosi; la parola di Dio giunge seconda, a cercare di contenere la pervasiva presenza delle acque». È una parola che non rimuove il male, ma «ne ridimensiona il negativo, lo strappa al linguaggio pur necessario della tragedia (…) e quando il male è presenza ineliminabile, anche allora rimane la possibilità di camminarci sopra». Bisogna imparare «la sapienza della crisi», che consiste nel non rimuoverla, perché la crisi è ingrediente fisso di ogni vita: «La nostra scena-madre esprime benissimo la posta in gioco, attraversando le acque, immaginando di poterci camminare sopra. L’immaginazione biblica riapre cammini, mette in luce possibilità. Laddove la scena umana è avvolta nelle tenebre, prova a dire: sia luce! Persino sul mare apre cammini».

 

Leggere la Bibbia in tempo di crisi significa «provare a discernere il senso della propria vicenda contemporanea, grazie alle luci – e alle ombre – sprigionate da quel racconto». La parola biblica, dunque, rimanda alla storia: «Il Dio biblico lo si incontra nel tempo, fatto carne». Qui diviene fondamentale il “cantiere del discernimento”, che deve essere comunitario, plurale, basato su una lettura svolta da diversi punti di vista e formulata a più voci, condotta «con il cuore, che dovrà lasciarsi guidare da quella sapienza biblica che intende insegnare a vedere, che indica metodi di ascolto, che mette in guardia dallo sguardo autoreferenziale, preoccupato unicamente di trovare conferme a quanto sa già».

 

La linea di condotta diventa quindi il “sapere di non sapere”, che implica «il lasciarsi impartire dalla realtà una dura lezione di umiltà, senza ricorrere a scappatoie soprannaturali». Questa sapienza della crisi «deve approfittare, grazie a una continua vigilanza, delle falle che anche il negativo possiede». È astuzia, creatività, la risorsa «per abitare questo terreno accidentato; e la sua condizione di possibilità sta nel viaggiare leggeri». Creatività che deve essere comunitaria, nascendo «dall’ascolto condiviso delle sfide del proprio tempo e della Parola, dal confronto, dalla discussione e dal discernimento ecclesiale». E anche, in quel “distanziamento” determinato dal rischio del contagio, l’astuzia della sapienza può dare voce «al valore della distanza e dell’alterità, componente necessaria per stabilire una sana relazione, dove l’altra persona non viene data per scontata».

 

Il tempo della pandemia ha evidenziato uno smarrimento presente da molto: «i giorni che viviamo assomigliano, per molti versi, al tempo in cui è sorta la letteratura sapienziale delle Scritture ebraiche», e questa analogia ci suggerisce l’idea della «necessità di assumere una medesima postura sapienziale, di avere un medesimo sguardo». L’episodio evangelico di Gesù che cammina sulle acque «ci sollecita a fare nostra questa prospettiva: alla prospettiva epica della vittoria sul male, viene accostata una nuova concezione della salvezza, che non consiste più nel togliere il male, ma nel camminarci sopra, nell’affrontarlo senza lasciarvisi sprofondare».

 

* Lidia Maggi, Angelo Reginato, Camminare sulle acque. Leggere la Bibbia in tempi di crisi. Torino, Claudiana, 2022, pp. 108, euro 11,50.