Del diritto alla casa per le persone migranti, nella Piana di Gioia Tauro
Ieri a Reggio Calabria un momento di confronto sulla «modellizzazione dell’abitare diffuso e dignitoso come risposta» alle necessità dei lavoratori agricoli, organizzato dalla Fcei e dall’Università
«Curare è anche una politica. Può essere fatto con un rigore di cui la dolcezza è il rivestimento essenziale. Un’attenzione squisita alla vita che si sveglia e si sorveglia. Una precisione costante. Una sorta di eleganza negli atti. Una potenza e una leggerezza. Una presenza e una sorta di percezione molto attenta che osserva i minimi segni. E’ una sorta di opera, di poema (mai scritto) che la sollecitudine intelligente compone».
Libero Ciuffreda, membro del Consiglio della Fcei, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ha aperto con queste parole del poeta Paul Valèry ieri 12 dicembre il convegno promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche e dall’Università della Calabria dal titolo “La questione abitativa dei lavoratori agricoli migranti. La modelizzazione dell’abitare diffuso e dignitoso come risposta”.
Prima dell’inizio dei lavori, ha portato il suo saluto Michele Conia, assessore della città metropolitana di Reggio con deleghe in materia di Politiche Giovani, Politiche dell’Immigrazione, dell’accoglienza e della pace, Tutela delle periferie, Beni confiscati, Trasparenza e Anticorruzione, sindaco di Cinquefrondi, comune in provincia di Reggio Calabria: «Qui, in questo territorio, la mobilità manca per tutti. Dobbiamo partire dalle persone e dai diritti, per garantire servizi e welfare. E c’è bisogno di fare».
Per la moderatora della Tavola valdese, la diacona Alessandra Trotta: «La politica dovrebbe saper ascoltare». Ascoltare per poi «saper fare», mentre a tutte e tutti spetta la capacità di «avere il coraggio di avere ideali alti». Il pastore Daniele Garrone, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ha ricordato i motivi dell’impegno umanitario delle chiese protestanti: «Non siamo anime pie: quello che facciamo, coi corridoi umanitari, le esperienze come l’ostello di Rosarno e tutti i progetti che realizziamo per le persone migranti, lo facciamo perché pensiamo che possano e debbano diventare cittadini». Cittadini “di serie A”, con pari dignità e diritti, quindi.
Il convegno è proseguito con le testimonianze di numerose realtà e studiosi che si occupano dell’abitare, in particolare del (mancato) accesso al diritto alla case per le persone migranti, occupate nel settore agricolo nelle regioni del Sud Italia.
Francesco Piobbichi, operatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Fcei, ha raccontato l’esperienza di Dambe so, l’ostello sociale aperto dalle chiese protestanti, sottolineando anche come alla immigrazione corrisponda una crescente emigrazione di giovani calabresi, che impatta sul territorio e sulla società.
Della condizione dei braccianti stranieri proprio di questa zona, della Piana di Gioia Tauro, hanno discusso Alessandra Corrado e Mariafrancesca D’Agostino dell’Università di Reggio Calabria, mentre Domenico Perrotta dell’Università di Bergamo, si è occupato nel suo speech di «alloggio, collocamento, trasporto: i nodi del lavoro bracciantile stagionale in Basilicata».
La “relazione tra spazi abitativi e il prezzo del lavoro, il caso dei e delle braccianti della Fascia costiera trasformata (RG)” è stato il focus di Giuliana Sanò dell’Università di Messina, mentre Davide Donatello dall’Università di Torino ha parlato delle condizioni di inclusione dei lavoratori stranieri nella viticoltura del Basso Piemonte. Gli insediamenti nel foggiano sono stati al centro dei contributi di Francesco Saverio Caruso dell’Università Magna Grecia di Catanzaro e di Camilla Macciani dell’Università della Calabria.
Emilio Caja dall’Università di Lisbona ha parlato del diritto all’abitare a Campobello di Mazara (Trapani) dove, nel 2021, a causa di un incendio in un ghetto informale è morta una persona. In quel luogo poi è nata un’occupazione e un percorso di autogestione, dopo di che il ghetto è stato sgomberato, senza alcuna opzione dignitosa e alternativa per le persone che ci vivevano. Con il problema aperto, quindi, per il ricercatore dell’ateneo portoghese di «come garantire autonomia ai lavoratori, in una dimensione di solidarietà». Alberto Ziparo (Università di Firenze) ha portato il suo contributo con un intervento sul patrimonio abitativo vuoto, con un riferimento al tema della “restanza”, a chi non migra, e analizzando il problema delle case sfitte: si stima che in Italia siano ben 9,5 milioni.
Di modelli di housing sociale ha parlato infine, al termine della mattinata, il pastore Francesco Sciotto, presidente della Diaconia valdese.Più di 220 le persone migranti accolte nelle strutture della Diaconia in tutta Italia, oltre ai beneficiari dei corridoi umanitari e alle persone accolte nella rete SAI (il sistema di accoglienza di comuni ed enti locali, previsto dal Decreto Immigrazione di modifica ai decreti sicurezza, ndr). «Ma la criticità del nostro lavoro», per Sciotto, è proprio questa: «i numeri. Il totale delle persone accolte e di quelle che intercettiamo nel nostro impegno rappresenta una cifra limitata e come chiese valdesi, come Diaconia, non riusciremmo a fare di più. Mentre sappiamo bene che i numeri dell’emergenza sociale in Italia non fanno che crescere». Dunque, «c’è bisogno di molto più intervento pubblico».