Anche in Svizzera dialogo interreligioso in crisi a seguito del conflitto in Israele e Palestina
Le posizioni si irrigidiscono. Polemiche all’interno della Comunità di lavoro interreligiosa elvetica
Come stiamo vedendo in queste settimane, il riesplodere del conflitto fra Israele e Palestina sta rendendo complicato il dialogo interreligioso non certamente soltanto nella regione direttamente interessata dalla drammatica guerra, ma un pò ovunque nel mondo. Il dialogo appare ovunque sempre più complicato, le posizioni si polarizzano: si costruiscono barricate dalle quali la comprensione e la stessa solidarietà diventano chimere.
Non fanno certo eccezione le nazioni europee e fra queste la Svizzera, come raccontato in un articolo del quotidiano Réformés
Quando infatti sabato 4 novembre si è aperta la Settimana delle religioni, che ogni anno si svolge in tutto il Paese con un centinaio di eventi pubblici «invitanti al dialogo tra religioni e culture» come si legge nelle comunicazioni ufficiali, i suoi organizzatori si sono trovati in subbuglio. I due membri ebrei del comitato direttivo hanno infatti deciso di lasciare la Comunità di lavoro interreligiosa Iras Cotis, a causa dell’adesione della sua presidente Rifa’at Lenzin a un’altra organizzazione, l’Associazione Svizzera-Palestina (Asp).
Iras Cotis, la comunità di lavoro interreligiosa in Svizzera, è una rete nazionale che mira allo scambio, al dialogo e alla collaborazione tra persone di fede e background culturali diversi così come allo sradicamento delle paure e dei pregiudizi in modo da contribuire alla coesione sociale della Svizzera, si legge sul sito ufficiale. Questi obiettivi vengono raggiunti attraverso progetti interreligiosi nell’ambito della formazione, dell’incontro e della creazione di reti sociali.
Secondo un articolo della Nzz, la testata in lingua tedesca di Zurigo, dopo l’attacco del 7 ottobre, l’Asp ha fatto diverse dichiarazioni problematiche, ad esempio paragonando i palestinesi ai prigionieri torturati nei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Il segretario generale della Federazione svizzera delle comunità ebraiche (Fsci) Jonathan Kreutner ha dichiarato al quotidiano tedesco di aver sperato fino alla fine che Rifa’at Lenzin «lasciasse la controversa associazione nell’interesse del dialogo interreligioso».
Quando è stata contattata, Rifa’at Lenzin ha voluto solo rispondere al giornale per iscritto: «Per ragioni personali e familiari, mi batto da molti anni per i diritti legittimi delle donne palestinesi», ha espresso. «La mia appartenenza a questa associazione è quindi logica».
Kreutner e David Feder, rappresentante della Piattaforma degli ebrei liberali della Svizzera, si sono quindi dimessi dal comitato direttivo di Iras Cotis, e ora duqneu non ci sono più rappresentanti delle organizzazioni ebraiche al suo interno.
«L’obiettivo di Iras Cotis è ridurre i pregiudizi e le paure e creare una convivenza pacifica», ricorda Ralph Lewin, presidente della Federazione svizzera delle comunità ebraiche. «Si basa sulla considerazione, sulla comprensione e soprattutto sulla fiducia. Tuttavia, queste basi sono ora seriamente scosse», afferma, sperando in «una soluzione affinché il dialogo possa continuare».
Il portavoce della Federazione delle organizzazioni islamiche della Svizzera (Fois), Pascal Gemperli, ha detto di «non poter che deplorare questa decisione» che considera «pessima». E ha aggiunto, da mediatore professionista: «Spero che il dialogo possa riprendere presto. Le soluzioni ai conflitti possono essere trovate solo attraverso la comprensione reciproca. Non li conosciamo in anticipo i conflitti: solo il dialogo li porta alla luce, così come svela le soluzioni».
«Questa doppia rassegnazione non può che allertarci e renderci attenti alla fragilità e alla sfida del dialogo interreligioso», reagisce Laurence Bohnenblust-Pidoux, consigliere sinodale della Chiesa evangelica riformata del cantone di Vaud, responsabile per le questioni interreligiose. Una fragilità che collega «al fatto che il legame tra religione e politica è sempre da discutere, problematizzare, riformare».
La vicenda ha avuto risonanza anche ai massimi livelli della Chiesa evangelica riformata svizzera, riunita questa domenica a Berna per il suo Sinodo. Il delegato zurighese Michel Müller ha proposto una risoluzione d’urgenza in cui chiede alla Chiesa di fare pressione su Rifa’at Lenzin affinché si dimetta dall’Asp: «Questa signora non può essere presidente di Iras Cotis e membro dell’Asp».
Il vicepresidente di Iras Cotis, il pastore bernese Christoph Knoch è intervenuto per difendere la sua presidente, «messa sotto pressione dal giornalista della NZZ che l’ha costretta a prendere una posizione». E ha aggiunto: «Naturalmente condanna ogni violenza di Hamas e sottoscrive il diritto di Israele ad esistere, ma capisco che si rifiuti di dimettersi sotto pressione».
Lunedì 6 novembre il comitato Iras Cotis si era espresso in un comunicato stampa: «Gli avvenimenti in Israele-Palestina, dal 7 ottobre, mettono a dura prova anche il nostro lavoro interreligioso qui in Svizzera. Iras Cotis si impegna a riunire persone con prospettive diverse e a sedersi attorno a un tavolo, anche se è difficile e le posizioni sembrano irrigidite». Per quanto riguarda il problema attuale «Il consiglio di amministrazione ha incaricato il comitato Iras Cotis di definire le possibili soluzioni. Adotterà immediatamente le misure necessarie e farà tutto ciò che è in suo potere per rendere possibile una cooperazione fiduciosa».
Attualmente Iras Cotis conta circa 70 membri attivi appartenenti a diverse comunità tra cui quella Alevita, Baha’i, buddista, cristiana, induista, islamica, ebraica e Sikh. Tra i membri ci sono anche forum e gruppi di lavoro regionali interreligiosi, Chiese Aperte, centri formativi e associazioni caritative delle chiese.