In Germania, fra appoggio a Israele e retorica anti migranti

Il dibattito sociale in Germania appare lacerato fra appoggio incondizionato a Tel Aviv e necessità di gestire la migrazione di persone dal Medio Oriente

Nel centro della vecchia Berlino, cristiani, musulmani ed ebrei hanno creato un centro interreligioso con chiesa, moschea e sinagoga nello stesso edificio. Da quando sono stati inaugurati i lavori della House of One, destinata a celebrare le tre religioni monoteistiche, i gruppi dietro il progetto attendono con impazienza la sua apertura nel 2028.

Non avevano fatto i conti con il 7 ottobre. La guerra tra Israele e Hamas, iniziata un mese fa con il tragico attacco a sorpresa da parte di Hamas e la feroce risposta israeliana, ha diffuso le tensioni mediorientali in tutta Europa. La Germania non ha fatto eccezione.

Il 10 ottobre, i partner di House of One si sono incontrati per un incontro di preghiera nel cantiere dell’edificio. L’imam Kadir Sanci del Forum per il dialogo interculturale, una delle organizzazioni coinvolte nell’iniziativa, ha riconosciuto che le parole potevano sembrare un’ arma spuntata contro la guerra. Ma, ha detto «molte più persone ci hanno ascoltato, molte di più sono pronte a percorrere questa strada di dialogo e incontro con noi».
Ma hanno avuto anche una forte concorrenza nella direzione opposta.
Circa una settimana dopo l’incontro di preghiera, sconosciuti hanno lanciato bombe molotov contro una vicina sinagoga di Berlino. La polizia in servizio speciale è riuscita a spegnere le fiamme prima che l’edificio prendesse fuoco.

Subito dopo, la polizia ha riferito che gli agenti erano stati distaccati presso 150 indirizzi sensibili intorno a Berlino – sinagoghe, scuole, centri comunitari, negozi – per prevenire ulteriori attacchi.

Il 22 ottobre, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier si è rivolto a un raduno di almeno 10.000 persone presso la Porta di Brandeburgo. «Proteggere le vite degli ebrei è il nostro dovere civico», ha affermato. «Ogni singolo attacco agli ebrei e alle istituzioni ebraiche è una vergogna per la Germania».
Le marce per fermare la guerra sono continuate in tutta la Germania.

Intanto è in corso il sinodo della Chiesa evangelica in Germania. L’Ekd ha preso una posizione decisa contro l’antisemitismo e ha anche esercitato un’autocritica. «Qualsiasi tentativo di relativizzare il massacro degli ebrei compiuto da Hamas in Medio Oriente il 7 ottobre è antisemitismo» ha affermato ieri a Ulm la presidente del Consiglio della Chiesa evangelica Annette Kurschus all’inizio dei quattro giorni di lavoro. L’antisemitismo ha le sue radici «non negli altri» e non fiorisce solo in piccoli gruppi estremisti. «Viene dalla nostra storia cristiana, germoglia anche in mezzo a noi, tra i membri della nostra chiesa», ha detto.

La Kurschus ha sottolineato ancora una volta la sua solidarietà con Israele, attaccato dall’organizzazione terroristica Hamas. «Dopo l’orribile massacro, il Paese ha il diritto di difendersi e di proteggere la propria popolazione». L’attacco di Hamas è stato «anche un attacco contro i palestinesi, cristiani e musulmani, che sono impegnati per la pace»

Il vescovo regionale del Württemberg Ernst-Wilhelm Gohl aveva già detto nel suo sermone durante il culto di apertura: «No all’antisemitismo. Su questo siamo d’accordo come Chiesa e, si spera, anche a livello sociale». 

Il dibattito in Germania è però scivolato anche sul tema dell’accoglienza delle persone migranti. Kurschus ha invitato i partiti democratici ad adottare un tono più moderato nel dibattito sulla politica dei rifugiati. Si parla di «numeri» che «devono scendere» come se si trattasse di «un problema di matematica moderatamente difficile. Chi parla di migrazione parla di persone».

Nella sua relazione ai 128 membri del parlamento ecclesiastico, ha affermato che la parola migranti è stata «quasi all’unanimità» associata agli aggettivi «illegale» o «irregolare», anche se la maggior parte di loro ha ricevuto lo status di protezione.