Intelligenza Artificiale: «Nulla a che fare con una Parola “altra”»
Il testo della moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta in vista delle giornate del Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo, quest’anno incentrato sulle sfide poste dall’AI
Al via le giornate del “Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo”. Qui di seguito il testo preparato dalla moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta per il libretto di accompagnamento al Premio.
Intelligenza artificiale, risorsa preziosa, ma anche fonte d’inquietudine per chi immagina uno scenario di esseri umani ridotti a replicanti di idee, opinioni prodotte da una macchina sulla base di processi non trasparenti e per finalità non controllate.
In un articolo pubblicato il 26 giugno dal settimanale Riforma si ricordava un evento avvenuto in una chiesa luterana di una cittadina bavarese, nella quale, per la prima volta, è stato proposto ai fedeli un intero culto condotto dall’intelligenza artificiale di «ChatGpt». Contrastanti le reazioni dei partecipanti intervenuti, per lo più «fra il negativo e l’insoddisfatto».
Riforma ha commentato l’esperimento, ricordando quanto l’AI in ambito religioso sollevi diverse domande «sulle implicazioni etiche, spirituali e sociali che possono derivarne», dettagliando gli aspetti positivi come «l’adattabilità alle esigenze individuali» e quelli negativi come «l’incapacità di soddisfare i bisogni spirituali» e sottolineando che l’AI «può riflettere i pregiudizi e le limitazioni dei suoi creatori» e limitare la «dimensione sociale e comunitaria del culto». Peccato che l’articolo fosse anch’esso redatto dall’AI.
Tutto bene, purché si sia consapevoli che l’AI non crea nulla di “nuovo”, si alimenta di dati ed idee espressi da esseri umani, li organizza in modo sapiente, addirittura rispondente al gusto, all’intento, alla sensibilità di chi ricerca.
Nulla a che fare con una Parola “altra” che, in un’autentica ricerca di fede, passa dall’umanità vera, non virtuale, di chi oggi la interroga e di chi la ascolta, per portare un messaggio che spesso scomoda, decentra, spiazza.
Nulla a che fare con il dovere di verifica delle fonti, la curiosità di ricercare ciò che non è stato esplorato prima, il coraggio di porsi le domande che nessuno si è ancora fatto – oltre il noto, il consueto, l’atteso – del buon giornalismo investigativo che il Premio Morrione incoraggia e che la Tavola valdese continua a supportare ogni anno con convinzione.